Dai ragionamenti di un volatile
Questa non è la casa dei un terremotato, né un’opera d’arte contemporanea. Questo è un nido. Già. Un nido frutto di confusione, di me che non so più dove volare, che scambio il tetto di una casa per una cima di montagna, un grattacelo per un albero. Non riesco più a cantare senza i rumori dei motori, senza il brusio della gente che non si accorge di me. Il mio punto di vista è così minuscolo, così lontano dal tecnicismo frenetico che coinvolge ormai quasi tutti gli spazi della terra, che mi ritrovo solo, incapace perfino di chiedere aiuto.
Il paradiso delle foglie, dei ramoscelli, del fieno fresco, dei fili di fiore essiccati, del muschio, si confonde con i resti di bottiglia, con i mozziconi di sigaretta che per sbaglio ingerisco. Le mie albe e i miei tramonti sono inquinati dall’indifferenza, ancora prima che dall’ incoscienza; vivo di suoni artificiali, mentre il silenzio è un lieve bagliore in cui mi rifugio di notte, nei brevi momenti che anticipano il primissimo chiarore del mattino.
E ormai ho più paura della plastica che dei bracconieri, perché tutto quello che ha sempre garantito la mia vita è una sapienza istintiva, innata, che non trova più efficienza in questo mondo cambiato.
Spero che a cambiare siano le industrie, le persone, la loro sensibilità, la loro consapevolezza. Spero di invecchiare libero come una poesia e di non morire soffocato dentro una busta della spesa trasportata dal vento e dal mare. Spero che il mio prossimo nido sia fatto di petali, di erba nuova, di cose semplici e vere.
Eleonora Giovannini