Nell’Archivio di Stato di Chieti il retro di un documento notarile del 1700 ha riservato agli archivisti una piacevole sorpresa
Tra i passatempi preferiti per i pomeriggi piovosi di qualche decennio fa c’era anche lui: il Gioco dell’Oca, attività ludica di cui tanti bambini delle nuove generazioni, cresciute a pane e video games, non hanno neanche sentito parlare. Consiste in un percorso che si articola in un numero variabile di caselle da versione a versione sulle quali le pedine avanzano o retrocedono con il lancio dei dadi, l’obbiettivo è raggiungere la postazione finale. Pare che le sue prime attestazioni storiche siano riconducibili alla lontana Cina e che poi sia giunto in Italia nel 1500, importato nella corte Medicea, come ci indicano alcune fonti dell’epoca. Un esemplare di questo passatempo dalla remota origine è stato recentemente protagonista di un’interessante scoperta compiuta nell’Archivio di Stato di Chieti, ad opera dell’archivista Maria Romana Caforio. Qui è infatti stata rinvenuta una stampa del 1700, utilizzata come foglio di riciclo per un documento notarile, riconosciuta come uno dei più antichi esemplari del Gioco dell’Oca mai rinvenuti. A fugare qualsiasi dubbio sulla possibile interpretazione del documento è un’iscrizione presso un margine del foglio che reca proprio il nome del gioco. Pare che la stampa riproponga la versione originale di stampo mediceo, precisamente quella donata nella seconda metà del ‘500 da Francesco I de’ Medici a Filippo di Spagna, con un’oca nelle caselle multiple di nove che permettono di “andare più veloce” e altre che fanno fare “passi indietro”. Al centro l’immagine reca la raffigurazione di tre persone in abiti medioevali sedute ad un tavolo e colte nell’atto di giocare.
Glenda Oddi