Venerdì 10 luglio 2020 il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha firmato un decreto che ordina la riconversione della basilica di Santa Sofia ad Istanbul da museo in moschea con tutte le possibili conseguenze che comporta tale decisione.
Le proteste si sono alzate corali e anche il papa di Roma Francesco si è definito “addolorato” per la decisione turca che potrebbe avere ripercussioni religiose e politiche.
La storia della stupenda Santa Sofia, gioiello dell’architettura bizantina, dedicata alla Divina Sapienza cui deve il nome (Αγία Σοφία, Aghía Sofía, in greco; Sancta Sophia o Sancta Sapientia, in latino; Ayasofya, in turco) ha attraversato secoli spesso bui ed ha subito numerose ricostruzioni e cambiamenti.
I lavori per l’attuale struttura, completamente diversa, più grande e maestosa rispetto alle tipologie precedenti, vennero affidati a due architetti greci, Isidoro di Mileto, all’epoca a capo dell’Accademia platonica di Atene, e Antemio di Tralle, matematico e fisico, ed iniziarono nel 532, sulle ceneri della basilica voluta da Teodosio II, incendiata durante la rivolta di Nika. I princìpi di costruzione erano ispirati al Pantheon romano e all’arte paleocristiana.
Furono necessari 10mila operai e cumuli d’oro per completare l’opera. Per rivestire le pareti e le colonne, Giustiniano aveva fatto giungere, dalle province dell’impero, una grande varietà di marmi: il bianco da Marmara, il verde dall’isola di Eubea, il rosa dalle cave di Synnada e il giallo dall’Africa. Inoltre alcune colonne e diversi ornamenti vennero recuperati dai templi di Diana a Efeso, Atene, Delfi, Delo e Osiride in Egitto. Fu inaugurata il 26 dicembre 537 dall’imperatore Giustiniano che, in un impeto d’orgoglio, gridò che la sua chiesa aveva superato persino il leggendario tempio di Salomone a Gerusalemme.
Nel 1453, il sultano ottomano Mehmet II, dopo un lungo assedio, conquistò Istanbul, allora Costantinopoli, mettendo fine all’Impero Romano d’Oriente e, affascinato dalla bellezza e maestosità di Santa Sofia, fece convertire l’edificio in una moschea, aggiungendo fontane e quattro minareti all’esterno, e coprendo i mosaici con una mano di calce e le icone cristiane con pannelli di calligrafia religiosa araba. Ben visibili all’interno sono i quattro grandi pannelli circolari in pelle di cammello appesi nell’Ottocento, opera del calligrafo Kazasker İzzed Effendi, che in lettere d’oro riportano i nomi dei primi quattro califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman e Ali) e che si aggiungono ai medaglioni dedicati ad Allah, al profeta Maometto, e ai suoi due nipoti: Hassan e Hussein.
Nel 1934, a seguito della decisione del presidente turco Mustafa Kemal detto Atatürk di trasformarla in museo aperto al pubblico, vennero effettuati numerosi restauri e ripristinati gli antichi pavimenti in marmo e i mosaici. Durante gli scavi vennero, inoltre, rinvenuti alcuni elementi architettonici antecedenti all’epoca di Giustiniano. Dal 1985 è patrimonio dell’Unesco.
Bruna Fiorentino