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Ambiente & Società Lavoro & Economia

Sviluppo sostenibile: concetto e attuazioni

By Laura Tenuta

Etimologicamente sostenibilità dal latino sustinere: difendere, favorire, prendersi cura, ma anche durare e, nella fattispecie, si riferisce ad uno sviluppo economico che curi e difenda, salvaguardi ambiente e società.

Latini, privilegiati per aver avuto influenze del mondo greco (dove una visione seppur ellenocentrica, rilevava le differenze tra gli uomini, in funzione dell’influenza ambientale) nel Lauses Italiae , Varrone, Virgilio, Properzio, esaltano il popolo romano, superiore e homo faber, giacchè favoriti dall’ambiente.

Il 1987 può considerarsi la vera pietra miliare della concettualizzazione e definizione di sviluppo sostenibile a tutt’oggi valida, seppur con ampliamenti successivi. 

Gro Harlem Brundtland (ai tempi Premier norvegese) Presidentessa della Commissione Mondiale su ambiente e sviluppo dell’ONU, nel Rapporto Our common future Rapporto Brundtland, (Il nostro futuro comune, meglio tradotto come Il rapporto di tutti noi).

Tale definizione è stata soggetta alla polemica degli ambientalisti estremizzanti che, superficialmente, la contestano come antropocentrica.

1968: anno rivoluzionario di attivisti figli del loro tempo che affiancarono le grandi istituzioni, ONG, ragionando sul destino dell’umanità.

Decenni successivi a mitraglia date su date, ricorrenze, ampliamento del concetto impegni, documenti scritti e dibattiti, aspettative raggiunte o disattese e delusioni.

Secolo XXI: la culla per una ripresa all’insegna di sistemi integrati di gestione della qualità anche della vita, integrazione a tutti i livelli, partecipazione delle comunità , relazione tra istituzioni, altalenanti traguardi raggiunti. 

Cambio rotta delle linee della governance e del modo di fare impresa, coadiuvati da una nuova cultura quella della transizione ecologica, quella dell’intelligenza artificiale utile anche per programmare linee guida per lo sviluppo sostenibile, tanti parametri, tante variabili, trovare algoritmi è più veloce ma non è tutto oro quello che luccica!

Attualmente tra i Piani d’azione:Agenda 21 (partecipazioni di comunità, istituzioni, associazioni territoriali) e Agenda 2030 , analizzate in concreto le disparità dell’economie,delle loro ripercussioni sulla comunità, sui territori..

Necessario un cambiamento attraverso una sensibilizzazione per il riutizzo, il riciclo, sia a livello istituzionale che manageriale che di popolazione ancora poco coinvolta e partecipe ma sempre più gravata dalla povertà.

In economia nuovi modelli rigorosamente studiati, la legislatura pullula di ordinamenti, siamo nella fase di “gestione”, lo sviluppo sostenibile viaggia affiancato da strategie pro ambiente anche nelle attività produttive, purtroppo ritardi macchiati ancor di più dalla pandemia.

Nulla è perduto:strumenti, incintevi, finanziamenti e certificazioni, chiavi in mano per realizzare progetti che rientrino a pieno nello sviluppo sostenibile, rispetto per l’ambiente quanto per il capitale umano.

Livello globale e capillare le Agende ritardano, i paesi più arretrati lasciati ancora una volta in balia degli eventi, in Italia la questione meridionale  aspetta la fine della Salerno-Reggio-Calabria e già parla si Ponte sullo Stretto, la Sardegna rimane con la Carlo Felice, tutte le strade portano a Roma, la Roma dei Ministeri, la Roma di Palazzo Chigi fissa come i suoi monumenti, eco da Bruxelles che torna indietro (molti finanziamenti non vengono erogati e tornano al mittente).

Il Bel Paese quello dei nonni con i calli alle mani e la zappa ha un nuovo campo quello dell’innovazione, del cambiamento, della transizione ecologica e digitale per processi più efficaci ed efficienti. 

Agricoltura, pastorizia, fabrilità quella dell’homo faber concetti cari all’illustre antropologo Alberto Maria Cirese, quanto al Professor Tola dell’Università degli Studi di Sassari e del giornalista-filosofo Massimiliano Cannata nel loro saggio “La mente ben fatta”.

“Viva l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento (…) viva l’Italia che non ha paura”(Francesco De Gregori 1979)

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