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Sociale: un sistema abitativo non inclusivo

Presentato il Rapporto annuale di Associazione 21 luglio – In Italia, meno famiglie rom in emergenza abitativa; aumentano i processi di superamento da parte di Amministrazioni virtuose. “L’esclusione nel tempo del Covid”. Il Documento offre uno spaccato della situazione in Italia e nella città di Roma, tra il primo gennaio 2020 e il 30 giugno 2021, periodo fortemente segnato dalla pandemia da Covid-19.

L’approccio etnico, in Italia più che in Europa, ha consentito e consolidato la costruzione di un sistema abitativo per soli rom, parallelo a quello proprio della società maggioritaria. Denominata, non a caso, il “Paese dei campi”, l’Italia ha assistito negli ultimi 40 anni a una presenza progressiva di baraccopoli monoetniche sull’intero territorio nazionale, anche se nell’ultimo biennio, si sottolineano importanti elementi di discontinuità, già evidenziati negli anni precedenti.

Emerge con chiarezza la situazione sociale dal Rapporto realizzato da Associazione 21 luglio e intitolato “L’esclusione nel tempo del Covid”.

Il Documento offre uno spaccato della situazione in Italia e nella città di Roma, tra il primo gennaio 2020 e il 30 giugno 2021, periodo fortemente segnato dalla pandemia da Covid-19.

Il lavoro di Associazione 21 luglio mette in rilievo il consolidarsi del fenomeno di fuoriuscita dagli insediamenti; l’avvio di processi virtuosi di superamento degli stessi da parte di sempre più Amministrazioni locali; l’organizzazione di sgomberi forzati anche dopo il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 che prevedeva “una moratoria delle esecuzioni degli sgomberi a causa dell’emergenza pandemica”.

Dati e numeri in Italia

In Italia sono 109 gli insediamenti formali – ovvero progettati, costruiti e gestiti dalle Amministrazioni locali – distribuiti in 63 comuni e 13 regioni. In totale sono circa 17.800 i rom e sinti – si legge nel Documento – che vivono nelle baraccopoli formali e informali, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Di questi 11.300 sono presenti nelle baraccopoli formali e 6.500 nelle baraccopoli informali e microinsediamenti. Dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che circa il 49% abbia la cittadinanza italiana, il 41% sia in possesso della nazionalità dei Paesi dell’ex Jugoslava, il 10% la cittadinanza rumena, con meno di 1.000 cittadini a rischio apolidia. Il numero delle persone residenti negli insediamenti monoetnici italiani è sceso, tra il 2016 e il 2021 di ben 10.000 unità, con un decremento pari al 36,5% (del 37% negli insediamenti formali e del 35% negli insediamenti informali). Le cause vanno ricercate nel desiderio delle nuove generazioni residenti nei ‘campi’ di intraprendere un percorso di fuorisucita autonomo; le azioni di sgombero forzato che hanno spinto molte famiglie alla dispersione sul territorio; il ritorno nel Paese di origine per i cittadini comunitari; il processo virtuoso di alcune Amministrazioni locali verso il superamento dei ‘campi rom’”.

Francesco Fravolini

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