Nel 2021, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, ben il 27% in più all’anno in cui l’emergenza pandemica Covid-19 ha determinato una netta riduzione degli spostamenti delle persone e dell’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali.
Lancia l’allarme GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) con l’obiettivo di diffondere in Italia l’Evidence-based Medicine.
Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto raccolgono il 93,3% del saldo attivo, cioè l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, mentre il 76,9% del saldo passivo (la ‘migrazione’ dei pazienti dalla regione di residenza) si concentra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo. Lo sottolinea la Fondazione Gimbe nel report sulla mobilità sanitaria 2021.
“La mobilità sanitaria – spiega il presidente Nino Cartabellotta – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Un gap diventato una ‘frattura strutturale’ destinata ad essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute”. Ecco perchè in occasione dell’avvio della discussione in aula al Senato del ddl Calderoli, continua Cartabellotta, “la Fondazione Gimbe ribadisce quanto già riferito nell’audizione in 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato: la tutela della salute deve essere espunta dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie”.
Cosa accadrà con l’Autonomia Differenziata? Il catastrofico scenario è prevedibile ma inimmaginabile.