Il Rapporto annuale dell’Associazione 21 luglio: «Tra gli amministratori locali va maturando l’urgenza di un superamento degli insediamenti mentre a Roma spetta la maglia nera». Soltanto nel nostro Paese, l’unico in Europa, è stato creato, organizzato e consolidato negli ultimi 40 anni un sistema abitativo parallelo per comunità considerate di etnia rom.
L’emergenza abitativa dei rom in Italia non è ancora risolta. Soltanto nel nostro Paese, l’unico in Europa, è stato creato, organizzato e consolidato negli ultimi 40 anni un sistema abitativo parallelo per comunità considerate di etnia rom; questo sistema assume forma architettonica in quello che viene denominato impropriamente “campo nomadi” o “campo rom”. Ed è proprio per monitorare questa situazione sociale che da cinque anni l’Associazione 21 luglio presenta un Rapporto Annale che fotografa la condizione delle comunità rom presenti negli insediamenti formali e informali, la prassi politica e il rapporto che intercorre tra il “sistema campi” e il resto della società. Il Rapporto 2019 porta l’eloquente titolo Periferie lontane – Comunità rom negli insediamenti formali e informali in Italia ed offre uno spaccato della situazione in Italia e nella città di Roma.
Dati e numeri in Italia
«Dai 28.000 del 2017 ai 25.000 del 2018sino ad arrivare, nel 2019, a 20.000. Sono questi i numeri dei rom – si legge nel Rapporto – che vivono in Italia nelle baraccopoli. Il 63%, pari a 12.700 unità, vivono in 119 baraccopoli istituzionali presenti in 68 Comuni italiani. L’anno precedente gli insediamenti mappati erano stati 127 in 74 Comuni. In queste aree il 47% dei residenti negli insediamenti formali ha la nazionalità italiana; il 42% è originario dell’ex Jugoslavia mentre, per il resto, sono cittadini comunitari. Nel totale il 55% ha meno di 18 anni. Roma, con i suoi quindici “campi” formali è la città che più di tutte ha investito, negli ultimi anni, per la progettazione e la gestione di questi insediamenti.Circa 7.300, tutti cittadini comunitari, sono invece i rom che vivono in insediamenti informali e censiti nel 2019. I più grandi sono concentrati nella Regione Campania e al loro interno l’aspettativa di vita è di dieci anni inferiore rispetto a quella della popolazione italiana».
La maglia nera a Roma
«Quasi un terzo delle persone rom – si legge nel Rapporto – in emergenza abitativa presenti in Italia, risiedono negli insediamenti formali e informali della città di Roma. Nella Capitale nei sei “villaggi attrezzati” risultano vivere 2.600 persone, di cui 1.250 minori. Neidieci “campi tollerati” vivono invece 880 persone, mentre 2.000 sono quelli censite nel 2019 dalla Prefettura di Roma nei 338 micro-insediamenti. Nell’unica occupazione monoetnica della città di Roma vivono da circa 4 anni, 600 rom di cittadinanza rumena. A fronte di fallimentari pratiche di superamento degli insediamenti – culminate nel 2018 con lo sgombero del Camping River – l’azione privilegiata scelta dall’Amministrazione Capitolina appare quella degli sgomberi formati. Nel 2016 erano stati 28 quelli registrati; 33 nel 2017; 40 nel 2018 e 45 nel solo 2019, con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente. Anche sul fronte scuola i dati generano preoccupazione. Lontano dall’applicare anche una minima di quanto previsto dal “Piano rom” della Giunta Raggi, sono i numeri a dimostrare come l’Amministrazione Capitolina abbia rinunciato a qualsiasi reale azione che favorisca e sostenga l’iscrizione, la frequenza e il successo scolastico dei minori presenti negli insediamenti della Capitale».
Analisi e prospettive
«Alla luce degli incoraggianti dati emersi sul territorio nazionale – si legge ancora nel Rapporto – bisognerà attendere il 2020 per vedere eventualmente il consolidarsi di un trend. Certamente in Italia qualcosa sta cambiando e potremmo trovarci di fronte all’inizio di una nuova stagione. Occorre mantenere alta l’attenzione – raccomanda Associazione 21 luglio – maturare un pensiero diverso, liberare le politiche da prassi etnicizzanti, orientare la bussola in direzione dei diritti umani. In molti casi, come si è potuto osservare su diversi territori, per superare le baraccopoli è sufficiente fare uso di quel buonsenso che ogni amministratore dovrebbe coltivare».
Francesco Fravolini