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San Valentino e Lupercalia

Nonostante la festa di san Valentino, legata alla figura di santo Valentino da Terni (nobile convertitosi alla fede cattolica), venga spesso criticata per l’aspetto eccessivamente smielato e consumistico, resta statisticamente uno dei giorni più celebrati dell’anno.

Il povero vescovo martirizzato, protettore dei giovani amanti, era tuttavia in epoca romana il dio della fertilità Luperculus, animatamente celebrato il 15 febbraio anziché il 14.

In onore di questa selvaggia divinità, protettrice del bestiame, venivano compiuti riti e festeggiamenti sfrenati. Le matrone romane erano solite concedersi fisicamente e offrirsi spontaneamente alle frustate di giovani muscolosi e selvaggi, diretti seguaci del Fauno Luperco.

In un secondo momento i nomi delle donne e degli uomini venivano messi in un’urna, mescolati da un bambino o da una vergine, ed estratti casualmente. I predestinati avrebbero dovuto compiere nuovamente lo sfrenato rito di accoppiamento fino al calar del sole.

Una coloritura storica ben diversa, dunque, rispetto a quella trasmessaci dalla tradizione cristiana, incentrata sulle pratiche dell’amor cortese medievale e intenta a celebrare “La giornata del vero amore”, eppure questa antica valenza pagana, segnata da una vena di lussuria, resta ancora viva in alcune usanze e celebrazioni.

In Scozia, ad esempio, vige ancora il principio di casualità: la prima persona di sesso opposto che si incontra per strada, sarà simbolicamente destinata ad essere il nostro amante per tutto il giorno. I danesi amano scambiarsi poesie in rima anonime dal tono lascivo e umoristico: le Gaekkebrev, mentre in Germania, il giorno di san Valentino, si verifica una vera e propria invasione di maialini di cioccolato, funzionali ad attirare fortuna ed auspicabili relazioni sentimentali.

Ambra Belloni


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