Nel giorno di San Valentino, durante l’Epoca Vittoriana, ovvero nel XX secolo, gli innamorati si scambiarono elaborate carte con bordi rebrodati di pizzo per esprimere il loro amore e devozione immutabili con sentimenti e poesie. A chi invece non era in buoni rapporti o voleva respingere un pretendente indesiderato, i “Vinegar valentines”, letteralmente San Valentino all’aceto, offrivano una valida e pungente alternativa. Si trattava di biglietti con frasi di disprezzo, caricature sarcastiche e odio.
Ne sono stati ritrovati alcuni che recitano: “…ne amo un altro, non c’è nessuna possibilità per te”, oppure un altro nel quale è raffigurata una donna che spoglia un uomo ignaro e poi gli rovescia addosso con un secchio d’acqua, con la scritta “ecco una bella accoglienza, a volte è meglio fermarsi prima”.
Sebbene San Valentino possa essere rintracciato fino ai tempi dell’antica Roma, sono i vittoriani che hanno impresso una svolta romantica alla festa. Infatti solo successivamente, il 14 febbraio, è divenuto così popolare da far decidere di mettere dei bonus anche ai portalettere, data la frenesia per le milioni di carte inviate in questo giorno (una stima ritiene che quasi la metà sarebbe appartenuta alla “varietà di aceto”).
“Quelli che oggi sono conosciuti come i biglietti all’aceto di San Valentino, sembrano avere avuto origine tra il 1830 e il 1840”, afferma Annebella Pollen, una storica dell’arte e del design che ha scritto un interessante articolo sull’argomento .
“Ciò coincide con la crescita di San Valentino come forma di comunicazione popolare, coadiuvata dallo sviluppo di una gamma di fenomeni più ampi, come la stampa economica e la produzione di carta fantasia, tecnologie per la circolazione di massa delle immagini pittoriche e lo sviluppo di sistemi postali avanzati.”
Oggi scrivere una lettera sembra una cosa ormai anacronistica, ma ciò non le toglierà mai il fascino e l’autenticità dello scrivere a mano pensando a una persona, sia che si componga con amore che con “aceto”.
Riccardo Pallotta