Siamo ancora alle prese con una pandemia globale, anche per colpa dell’uomo che si permette di giocare con la vita e rischiamo di fare la stessa cosa su altri pianeti.
L’umanità ha inviato circa 30 veicoli spaziali e-lander sul Pianeta Rosso dall’inizio dell’era spaziale. Perseverance, il rover inviato su Marte è atterrato sul pianeta il 18 febbraio di quest’anno; trasportava una grande quantità di strumenti, che hanno permesso di condurre una serie di esperimenti atti a fornire risultati mai ottenuti prima.
A bordo di Perseverance inoltre si trova una macchina in grado di trasformare l’aria di Marte ricca di anidride Carbonica in ossigeno, fatto questo che potrebbe rendere l’ambiente circostante in grado di svolgere una azione biologica simile a quella che avviene sulla terra nei confronti della vita più elementare. Viene da chiedersi: potrebbe una traccia di batterio, spora o virus, sopravvissuti accidentalmente o meno, al viaggio, depositarsi nell’ambiente marziano modificato da Perseverance e adattarsi continuando a vivere?
Per rispondere a questa domanda occorre prima di tutto specificare che I veicoli spaziali sono costituiti da camere, provviste di filtri per l’aria realizzati con rigorose procedure di controllo biologico e progettati per garantire che solo poche centinaia di particelle organiche possano contaminare l’ambiente. Per questo motivo gli addetti ai lavori verificano ogni centimetro quadrato di superficie delle navicelle, strumenti compresi anche se è quasi impossibile arrivare ad un valore zero di biomassa su un veicolo spaziale. I microbi sono sulla Terra da miliardi di anni e sono ovunque. Sono dentro di noi, sui nostri corpi e intorno a noi. Alcuni possono sopravvivere anche negli ambienti più puliti e igienizzati.
Nelle camere bianche del JPL, (Jet Propulsione Laboratory) sono state messe in evidenza prove della presenza di microbi che hanno il potenziale per rappresentare un problema non trascurabile durante le missioni spaziali. Questi organismi hanno un numero maggiore di geni per la riparazione del DNA, conferendo loro una maggiore resistenza alle radiazioni in modo che possano formare biofilm su superfici e apparecchiature, sopravvivere all’essiccazione e prosperare in ambienti anche molto freddi . Inoltre si è scoperto che le camere bianche potrebbero servire come processo di selezione evolutiva per i microrganismi ma anche insetti più resistenti che quindi potrebbero avere maggiori possibilità di sopravvivere a un viaggio su Marte.
Questi risultati hanno implicazioni per una forma di protezione planetaria chiamata “contaminazione in avanti”.
E’ attraverso questo processo che potremmo portare qualcosa (accidentalmente o di proposito) su un altro pianeta.
È importante quindi garantire la sicurezza e la conservazione di qualsiasi forma di vita che potrebbe esistere altrove nell’Universo, poiché nuovi organismi possono provocare il caos quando arrivano in un nuovo ecosistema.
Gli umani hanno già avuto esperienze di questo tipo sul nostro pianeta. Il vaiolo, ad esempio, è stato diffuso (accidentalmente????) con le coperte fornite agli indigeni del Nord America nel XIX secolo.
Così pure nel 2020 non siamo stati in grado di contenere la rapida diffusione del virus che causa il Covid-19, SARS-CoV-2 .
Gli scienziati devono essere sicuri che qualsiasi scoperta di vita su un altro pianeta sia genuinamente nativa del luogo, piuttosto che una falsa identificazione di una contaminazione dall’aspetto alieno, ma cresciuta sulla Terra.
I microbi potrebbero potenzialmente “prendere un passaggio” dentro le navicelle o le sonde per raggiungere Marte, anche dopo la pulizia pre-lancio e l’esposizione alle radiazioni nello spazio. I loro genomi possono cambiare così tanto da sembrare davvero ultraterreni.
Di recente abbiamo visto che sulla Stazione Spaziale Internazionale si sono evoluti nuovi microbi . Sebbene gli ingegneri della Nasa lavorino duramente per evitare di introdurre tali specie nel suolo o nell’aria marziana, qualsiasi segno di vita su Marte dovrebbe essere attentamente esaminato per assicurarsi che non abbia avuto origine qui sulla Terra. Non farlo potrebbe potenzialmente innescare una ricerca fuorviante sulle caratteristiche universali della vita o specificamente della vita marziana.
Ma la protezione planetaria è bidirezionale. L’altro componente della protezione del pianeta è evitare la “contaminazione all’indietro”, in cui qualcosa riportato sulla Terra potrebbe rappresentare un potenziale rischio per la vita sul nostro pianeta.
Questo è il tema di molti film di fantascienza, in cui un microbo o virus immaginario minaccia tutta la vita sulla Terra.
I timori perchè possa avvenire qualcosa del genere si concentrano sulla prossima missione della Nasa e dell’Agenzia spaziale europea (Esa) verso Marte nel 2028; tale evento potrebbe diventare una possibilità molto concreta di contaminazione. Se tutto andrà secondo i piani attuali, la Mars Sample Return Mission riporterà i primi campioni marziani sulla Terra nel 2032.
Possiamo affermare che siamo ai margini della nuova era della biologia interplanetaria, durante la quale impareremo a riconoscere e studiare gli adattamenti di un organismo su un altro pianeta in modo da applicarli in seguito. La storia dell’evoluzione e degli adattamenti genetici sono inscritte nel DNA di ogni organismo e l’ambiente marziano non sarà diverso. Marte ci metterà in grado di comprendere i nuovi processi selettivi sugli organismi che vedremo quando li metteremo in sequenza, aprendo un catalogo completamente nuovo di letteratura evoluzionistica.
È un dovere per la nostra specie quello di proteggere e preservare tutte le altre. Solo gli umani sono in grado di comprendere l’estinzione, e quindi solo gli umani possono prevenirla.
Considerato che la vita sulla Terra è purtroppo limitata a tempi più o meno lunghi in dipendenza dei fenomeni che interessano tutto il nostro sistema solare , è giusto pensare alla possibilità futura di trasferimento della biologia umana e microbica quando inizieremo a dirigerci verso altre stelle, ma in tal caso non avremo scelta e dovremo farlo compiendo i giusti passi.
Pippo Mangano