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Arte & Cultura

Pitigliano

Non solo trekking e bike. Le grotte e i borghi di tufo.

Su 313 metri di rupe, di cui tre lati a strapiombo, ricca di vegetazione e grotte, ancor oggi all’apparenza inespugnabile, ecco Pitigliano.  

Ci troviamo tra Toscana e Lazio su un territorio che si sviluppa per circa 101 km, partendo da un’altitudine che va da 100 sino a 617 metri, e ciò che andremo a proporvi sarà il primo di una serie di viaggi, tra fantastici luoghi d’Italia, che ci porteranno a conoscere meglio la ricchezza, di arte e cultura, e la bellezza del Bel Paese. Iniziamo da Pitigliano.

Resti che testimoniano l’esistenza di questa città fortezza sin dagli albori dell’età del rame, rendono questo splendido luogo un condensato di storia a cielo aperto e, tra i frammenti che confermano la presenza degli antichi popoli italici, le vie cave e la necropoli di Sovana, gli imponenti pilastri dell’acquedotto mediceo, ne fanno un percorso di profondo interesse.

Il tufo nel quale si erge, di origine vulcanica, proviene dalle ripetute e violente eruzioni avvenute nel pleistocene, circa duecentomila anni fa. La depressione, di cui resta evidenza nella caldera di Latera, è lo sprofondamento del vulcano che generò la formazione di margini di centinaia di metri.

Addentrandosi, osservando le mura cittadine, è possibile notare i resti della cinta etrusca, sulle quali si scorgono i pochi resti della Rocca Aldobardesca, e scoprire le porte d’accesso alla città.

La più antica, Porta Sovana, scavata nel tufo, fu fatta costruire dalla famiglia degli Aldobrandeschi che dal 1274 ebbero il dominio del territorio.

Le mura fortificate che circondano il centro storico rappresentano invece l’opera realizzata successivamente dagli Orsini, cui andò in sposa Anastasia ultima Aldobrandeschi di Soana e Pitigliano, cui si deve anche la presenza del cimitero ebraico. Il complesso presentava in origine tre torri a pianta circolare collegate da muri perimetrali che realizzavano cortili e spazi abitativi. In seguito, abbattuta la struttura originaria, venne realizzato un enorme complesso quadrato con un cortile centrale., successivamente rafforzata con la costruzione di speroni pentagonali.

Dopo un breve periodo di governo della Repubblica Senese, nel 1410, il dominio passò ai Medici ed in seguito ai Lorena. Questi ultimi apportano modifiche al piano superiore della fortezza aprendo finestre ed aggiungendo alle pareti esterne la merlatura.

In seguito, alla fine del ‘700, il palazzo fu donato alla Diocesi poiché fosse residenza dei vescovi.

Attualmente 21 sale, recuperate dalle stanze nobiliari o militari della fortezza danno spazio al Museo, che degli Orsini conserva il nome, “Palazzo Orsini e Museo d’Arte Sacra”, e che si estende dal seminterrato al terzo piano.

La piazza interna della fortezza, introduce al museo, attraverso un portale in travertino. In due delle sale superiori le vedute dei dominii degli Orsini e i ritratti dei più importanti personaggi della famiglia. Negli ambienti inferiori sono ancora presenti la cisterna con il pozzo, il frantoio con le antiche macine e l’oliaia con gli orci per la conservazione.

Tra gli oggetti più antichi i frammenti di pergamene con gli antichi neumi. Inoltre una notevole biblioteca ricca di incunaboli e libri di varie epoche e argomenti.

Ricchissimo il patrimonio di oggetti sacri e liturgici, tra cui un monumentale tabernacolo cinquecentesco. Nelle vetrine paramenti e vesti liturgiche.

Diverse ed importanti le sculture lignee, tavole e pale dipinte. Ritratti dei vescovi e dipinti opere di famosi artisti del luogo

All’interno del Palazzo trova spazio anche il piccolo museo civico, frutto del dono di collezionisti, e il laboratorio di restauro.

Gli oggetti contenuti nell’originario Museo cittadino, prezioso museo archeologico, trovarono ospitalità presso Grosseto e Firenze, a causa di furti continui.

Fu quindi solo grazie alle donazioni dei collezionisti se in esso possono essere osservati reperti preziosi, tra i quali alcune teste: di un fanciullo consacrato al culto isiaco e di Dioniso.

Inoltre frammenti di arredi, da ricondursi al XI secolo a. C. ma anche ascrivibili dall’impasto all’VIII, grandi crateri e vasi, ceramiche dalle decorazioni etrusche e corinzie, brocche ed anfore.

E ancora reperti provenienti dal III e VI secolo a.C.

Numerosi gli antichi palazzi che si scorgono percorrendo le infinite viuzze, che a volte portano ad affacci di straordinaria bellezza.

Tra le chiese la Cattedrale intitolata ai Santi Pietro e Paolo, costruita nel 1061, ristrutturata modificandone lo stile, che oggi riconduciamo al barocco. La chiesa di Santa Maria e San Rocco, la più antica, conserva quattro colonne corinzie e all’interno sono visibili diversi affreschi, oltre che gli stemmi delle famiglie che hanno governato la città.

Poco lontano dal centro storico di Pitigliano il Tempietto, una piccola grotta scolpita nel tufo e decorata da nicchie. Graffiti e scritte indicano il luogo come dedito al culto paleocristiano.

Intriganti le vie cave che si dipanano dalla città, mistero ancora irrisolto, uniche al mondo si dipanano, per massimo un chilometro, tra pareti vertiginose, fino a 25 metri, tombe etrusche e incisioni. Larghe da due a quattro metri sono state scavate nel tufo, e le tracce dell’immane lavoro umano sono ancora in parte visibili.

Notevole la Sinagoga, Pitigliano è conosciuta infatti con il nome di Piccola Gerusalemme per l’alta presenza ebraica nel ghetto mediceo e per la presenza di un cimitero ebraico, fondata nel 1598. Al suo interno l’arredo sacro e i bellissimi lampadari. Nella parte superiore la parte riservata alle donne, dietro una balaustra e nella parte inferiore il locale per il bagno rituale. Scavati nella roccia la macelleria, il forno, la cantina e la tintoria, interessanti sia dal punto di vista religioso che architettonico.

Titty Marzano

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