Tra le professioni emergenti troviamo quella di educatore cinofilo. Ma chi sono costoro? Sicuramente persone specializzate che mettono a disposizione le proprie conoscenze e competenze per migliorare e/o affinare il rapporto spesso simbiotico, ma non sempre facile, tra esseri umani e animali.
In Italia scuole di questo tipo ce ne sono a centinaia. Di trainer anche migliaia e la maggior parte lo fa per amore.
Elisabetta Cimino, laureata in Scienze Politiche, con una brillante carriera da marketing manager in un’azienda dell’hinterland milanese, vive a Monza in compagnia del suo meticcio Malto. Un bel giorno decide di abbandonare la scrivania e dedicarsi completamente agli animali.
A lei abbiamo posto qualche domanda, utile certamente a noi ed ai nostri lettori.
Cosa l’ha spinta veramente ad abbandonare il lavoro di impiegata manager e dedicarsi agli animali? Sono cresciuta circondata da cani, canarini, pappagalli, gatti, … in una famiglia che ha sempre amato gli animali. Da piccola sognavo di diventare veterinaria, ma l’esperienza tristissima di qualche ora in un ambulatorio, mi ha fatto optare per la seconda mia passione: il marketing. Ma se è vero che il primo amore non si scorda mai, dopo circa quindici anni ho deciso di rimettermi sui libri e rincorrere il mio sogno di educatrice cinofila. L’adozione di Malto è stata chiaramente fondamentale.
Quali sono le più frequenti urgenze che le vengono richieste per correggere comportamenti poco consoni all’animale?
I problemi più frequenti sono quelli legati alla gestione in casa (“mi mangia i mobili”, “fa la pipì in casa”, ecc.) o al guinzaglio (“il mio cane tira”). Spesso la causa è il poco tempo che si dedica all’animale nell’educazione e nel gioco.
C’è sempre una risposta, dicasi metodo, a qualunque problema?
Dipende. Ogni caso va studiato e personalizzato in base ai proprietari, al cane e al contesto in cui ha vissuto e vive. In sintesi, non si possono standardizzare i percorsi educativi.
Qual è stato il “caso” più difficile che ha affrontato?
Quello che sto seguendo ora e che credo rappresenti uno dei problemi, qualcuno parla di piaghe, più difficili: cani che provengono dal sud, trapiantati nelle città del nord, che manifestano problematiche a volte abbastanza gravi. Nel mio caso un mix maremmano, abituato a distese di campi senza macchine né persone, adottato da una famiglia che vive in centro città e che ora ha paura anche ad uscire nel cortiletto di casa.
Consiglierebbe ai giovani di intraprendere questo lavoro?
Lo consiglierei a chiunque abbia voglia di trasformare la propria passione e amore per gli animali in un lavoro, che abbia voglia di studiare, di aggiornarsi continuamente e che sia consapevole che si tratta di un’attività quasi sempre all’aperto, con la pioggia o sotto il sole, al caldo e al freddo.
L’educazione animale è un tema che sta trovando maggiore accoglimento nella società?
La società fortunatamente è sempre più sensibile a questo tema che apporta un reale guadagno nella serenità di una famiglia: educare un cane vuol dire renderlo più adatto a vivere nella collettività, ne consegue che anche la famiglia sarà più tranquilla.
Cosa dovrebbero fare i nostri politici per migliorare la vita degli animali?
Personalmente credo che il fenomeno del randagismo sia il più grave su cui andrebbero sviluppate azioni massive di sterilizzazione e di maggior controllo sugli allevamenti, sia casalinghi che strutturati. Inoltre, il famoso patentino di cui si parla oggi andrebbe esteso a tutti i proprietari, infatti l’interesse nell’avere persone responsabili e consapevoli di ciò che può essere la gestione di un cane dovrebbe essere dell’intera società, prima di tutto per la sicurezza dei cittadini.
Bruna Fiorentino