Il Natale impone una scelta: portare o no il cielo sulla terra che abitiamo. E’ questo il senso e la responsabilità della Chiesa unitamente agli ambiti educativi della società tutta, quando il tempo ci porta a pensare e a parlare del Natale, storia millenaria della Nascita di Cristo, luce per l’umanità. Senza tralasciare l’attenzione del vescovo Bregantini verso il Molise periferia del Paese, dove i borghi e le piazze sono ancora terre fertili di umanità, di accoglienza e di crescita, soprattutto per i giovani. Offrire loro spazi di umanità e di lavoro nella propria terra. Ereditare cioè tutto quello che esige l’incontrare Dio nella grotta umile di Betlemme. Anche in terra del Molise, così preziosa, perché umile ma vera! Il Natale sia ancora una risposta di amore. Anche quest’anno. Da tutti. Per tutti!
«Carissimi fratelli e sorelle,
vi invio questo messaggio, frutto di tanta riflessione, tra Sogni e limiti. Queste due parole ci camminano accanto. Sono il nostro patrimonio quotidiano. E si addicono a vite vere. Non artefatte. Non a metà. Ma forgiate nella lotta. Per ogni tipo di liberazione. Natale è la caduta delle distanze. Interiori, relazionali e sociali. Dove tutto l’uomo è riportato nuovamente all’uomo. Il primo compito, in questi giorni, è credere possibile un mondo non più conteso tra vincitori e vinti, tra ricchi e poveri, tra palazzi e pietre scartate. Ma restituito sottoforma di pane, di prossimità, di speranza. Il secondo compito è porre un limite, un argine solido alle ingiustizie che si annidano come macigni durissimi sui deboli. Natale è stare sempre dalla parte della Croce e dei crocifissi schiacciati dai poteri indifferenti. Ma non a braccia conserte né a mani chiuse. Bensì con le fasce calde della Vergine Maria e con l’operosità attenta e protettiva di san Giuseppe. In una specie di gestazione redentrice che tiene conto dell’altro, del suo bisogno, del suo grido e con la propria testimonianza, anche piccola, di bene gratuito cerca di riparare ai tanti soprusi presenti in ogni angolo della terra. Terzo compito è il primato della condivisione, da assumere come regola d’oro per il cambiamento e una necessaria riumanizzazione storica. In Politica, come in ogni altro ambiente di vita, dove lungo il bordo della strada ci sono malcapitati di ogni genere. Come Gesù che si svuotò della propria divinità per arricchire noi di questa, mediante il Suo amore. La condivisione è disponibilità declinata in atti di vicinanza, di prossimità, di interessamento, dove si trova il coraggio di portare il naso fuori dalle proprie comodità nel gelo di chi non ha nemmeno il necessario e si cerca di dire all’altro con gesti concreti: “Tu mi sei caro!”. Appare sempre più urgente che il principio fondamentale del Natale sia questo: non è possibile guardare a Dio, se non si guarda allo stesso modo il fratello. Accendere le luci artificiali, mentre si spegne il futuro di qualcuno. Natale è attenzione al miracolo, al dono dell’Incarnazione e della Sua Salvezza, a partire però da quella verso chi soffre, verso chi è vittima della corruzione, della miseria, della violenza, della discriminazione. Se si prescinde da ciò, il Natale non ha valore. E’ solo fiction! Un accumulo di ornamenti superflui. E’ piuttosto la pratica dell’Amore che lo rende invece autentico, in tutte le sue forme benevole, solidali, caritatevoli. Ovvero la Festa dove nessuno è escluso, dove c’è posto per chiunque. Inutile è, infatti, decorare con luci colorate le cose, se poi deturpiamo la vita degli altri, il creato, con lo sfregio della povertà, della disoccupazione, dell’espulsione. Chiediamoci che significa vivere il Natale senza lavoro!
- Davanti ad aziende, fabbriche, industrie e attività commerciali, piccole e grandi, che chiudono, che non reggono il peso dell’oggi.
- Davanti a chi non ha un tetto sotto al quale ripararsi.
- Davanti alla moltitudine parcheggiata da finte promesse in un angolo di stenti e disperazioni.
- Davanti a chi ha paura di formare una famiglia, perché teme di non farcela, di non assicurare un futuro dignitoso ai propri figli.
- Davanti a chi non vedrà più tornare a casa i propri cari, all’uscita di una discoteca..
- Davanti a chi geme sotto il fardello dello spreco, dell’egoismo dei tanti che ancora non comprendono che il loro ‘di più’ è il niente di qualcuno.
- Questi sono i presepi davanti ai quali inginocchiarci e adorare, piangendo e lottando con loro, impegnandoci accanto e per loro. Il Natale è il recupero degli esclusi, degli abbandonati, dei colpiti. Fatto di segni che non svaniscono all’indomani del cenone.
Viene il Signore per chi ha bisogno di essere ritrovato e curato nelle sue ferite più nascoste.
Viene e rimane con noi. E chi ama, chi condivide, chi trova cuore, mani e tempo per gli altri è perché ha fatto del significato del Natale la propria strada in mezzo al mondo, il costante rinnovamento delle proprie azioni, il sì al valore che resiste al vuoto. Il Natale impone una scelta: portare o no il cielo sulla terra che abitiamo. Ereditare cioè tutto quello che esige l’incontrare Dio nella grotta umile di Betlemme. Anche in terra del Molise, così preziosa, perché umile ma vera!
Il Natale sia ancora una risposta di amore. Anche quest’anno. Da tutti. Per tutti».
Grazie, con affetto e vicinanza a tutti.
+padre GianCarlo, arcivescovo
Stefano Venditti