Per Freud la “parola è il più potente psicofarmaco”. Massimo Recalcati, però, a Modena nel corso del Festivalfilosofia ha parlato di una parola più traumatica, che può essere addirittura un “proiettile”. L’esempio citato da Recalcati in Sala Stampa è quello di una maestra che dice ad una sua allieva “sei un’oca”.
“Il mio primo paziente aveva una paralisi del braccio destro. Era un giocatore di tennis, in poche sedute scoprì che questo desiderio di giocare a tennis non era un suo desiderio, ma quello del padre. La sua paralisi era un “basta””, racconta ai cronisti Recalcati.
“Se noi siamo fatti delle parole dell’altro come costituiamo la nostra parola?”, si domanda inoltre lo psicoanalista.
Ai giornalisti presenti in Sala, Recalcati spiega: “Le parole traumatiche sono soprattutto quelle dei genitori e degli educatori che come proiettili colpiscono e lasciano tracce“.
Sono traumatiche anche le “parole che ci attendevamo e non sono mai arrivate” in quanto “le parole hanno un potere generativo, quello di far esistere le cose. Se un amore non lo dichiari, non esiste”.
D’altro canto spesso “l’analista tendenzialmente tace perché onora la parola del soggetto”. “Il silenzio – prosegue Recalcati – permette di dare peso alle parole”.
Francesco Natale