Il brano “Maramao perchè sei morto” fu scritto per Maria Jottini, che lo cantò con il Trio Lescano
Vi ricordate il motivetto «Maramao perché sei morto»? “Certo – risponderete voi- quello cantato dal Trio Lescano”. La risposta è solo parzialmente giusta, perché ad accompagnare le sorelle ungaro-olandesi era una cantante di Alessandria, ovvero Maria Jottini. Diremo di più: il brano «Maramao», i Maestri Mario Panzeri e Mario Consiglio, lo scrissero proprio per l’artista piemontese.
Maria Jottini nacque il 13 settembre 1921. La sua morte risale all’estate del 2007, nella sua ultima abitazione, quella di Broni. Fu la Toscana ed in particolare Firenze la sua seconda casa, tanto che le sue spoglie sono state tumulate a Bagno a Ripoli, sulle colline fiorentine.
L’importanza del profilo di questa cantante, a dire il vero ingenerosamente dimenticata, è legata al fatto che la Jottini con le sue canzoni seppe interpretare usi e costumi di almeno dieci anni di storia italiana, tra il 1938-39 e l’immediato dopoguerra. Non solo: dopo alcuni anni di “pausa”, la cantante alessandrina rientrò sulle scene con slancio e vigore tali da interpretare una seconda carriera: dopo la “canzone leggera” che contraddistinse la sua prima parte di attività, negli anni ‘50 si ripresentò al pubblico attraverso la lirica.
Maria Jottini la passione per la musica la scopre sin da piccina, quando la città natale le faceva ancora da culla. Proprio qui intraprese le prime lezioni di canto. Nel 1939 vince la gara Nazionale per gli Artisti della canzone, indetta dall’Eiar. In questa gara si presentò con A-Tisket, A-Tasket, canzone di Ella Fitgerald. Incantò la giuria e il pubblico al punto che venne subito soprannominata l’ “usignolo della radio”. Nel 1939 la prima grande chance per la Jottini arrivò con «Maramao perché sei morto». La carriera dell’ “usignolo” marciava sempre più veloce, al punto che lasciò Alessandria per trasferirsi a Roma dove, in via Asiago, si trovavano gli studi dell’Eiar. Ma «Maramao» non fu solo una canzonetta orecchiabile, bensì una difficile matassa diplomatica che scatenò la censura del regime fascista. Perchè nel 1939 a Livorno muore Costanzo Ciano, presidente della camera dei fasci, nonché padre di Gian Galeazzo, ministro e genero di Benito Mussolini. Le parole dello swing di Iottini e Lescano vennero scritte, con un gesto di sfottò, da alcuni giovani antifascisti sul monumento eretto per Costanzo Ciano; il regime pensò che Panzeri e Consiglio avessero inciso quella canzone per sbeffeggiare il defunto Ciano, dietro il nome di “Maramao”.
Probabilmente però “Maramao perché sei morto” risale ad una filastrocca abruzzese: Maramao in realtà sarebbe l’italianizzazione di “Mara maje”, che vuol dire “Amara me”, da cui avrebbero preso spunto.
Ma torniamo a Maria Jottini: per l’usignolo della radio vennero scritte dai più importanti maestri canzoni che segnarono la storia della musica di quei tempi. “Biancaneve e i sette nani”, “Ritmomania”, “C’era una barchetta”, “Musica maestro prego”, “Mi fa una fischiatina”, “Bisbigliando”, “A quattrocchi”. Gli anni del fascismo erano caratterizzati da una potente propaganda per l’incremento demografico, al punto che venne istituita l’imposta sul celibato. Fu proprio di quel periodo la canzone “Signorine sposatevi” cantata proprio da Maria Jottini, che faceva così: “abbiamo troppi scapoli tra noi, ragazze belle … è una scemenza”.
L’”usignolo” interpreta anche il film “Ecco la radio”, che nel 1940 voleva rappresentare il forte impatto di massa di questo mezzo.
Girò il mondo per regalare la sua voce in Europa e Sud America, prima tramite la casa discografica Cetra, poi per la Columbia-Voce del Padrone. Alla fine degli anni 40, dopo la guerra e diventata mamma (il marito si chiamava Emilio Manni ed è sepolto con lei a Bagno a Ripoli), Maria Jottini lascia il mondo della canzone per dedicarsi alla famiglia.
Ma ben presto decise di tornare: prima cura la voce (“facevo vocalizzi da sola e mi facevo dare lezioni da un’amica”, confidò in una trasmissione radiofonica negli anni ‘70) e nel 1952 torna in scena nella parte principale della “Scala di seta” di Gioachino Rossini.
Entra nel mondo della lirica e la sua voce da soprano passa a mezzo soprano; torna a girare il mondo: da Caracas alla Svizzera, passando per la Spagna, la Danimarca e la Germania. E fu proprio in un teatro tedesco che accadde qualcosa di straordinario: fu chiamata, alla sprovvista, ad incarnare lo struggente ruolo della protagonista femminile nell’opera Madama Butterfly. Lei non aveva avuto il tempo di ripassare la parte e il suggeritore non parlava l’italiano. Così ad un certo punto “sforò”, cantando anche la parte del tenore che, per farla smettere, la strinse a sé derogando dal copione. Ma lei si divincolò con un impeto e diede vita ad un acuto straordinario; a quel punto il tenore, che impersonava Pinkerton, la baciò in bocca, in una scena tanto struggente quando fuori programma, che diede vita ad una calorosa ovazione del pubblico.
Maria Jottini continuò la carriera anche nei decenni successivi, fino agli anni ottanta, quando recitò la parte di una cantante lirica in un film leggero. Fino alla fine della carriera seppe dosare con grande maestria passione per la musica qualitativamente elevata (come la lirica) e il suo primo “amore”, la canzone leggera, dimostrando invidiabile versatilità artistica.