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Ambiente & Società

MAGIA NEL RUBINETTO: La realizzazione, parte 1

Acque in terre secche o aride? Difficile ma per fortuna non impossibile. 

La denominazione Puglia deriverebbe da a-pluvia, non precisamente nel significato letterale di “priva di pioggia”, ma in quello oraziano, cioè “assetata, arida” in relazione non solo al clima ma anche alla tipologia di terreno predominante 

L’acqua che sgorga, fresca in estate, dissetando bimbi e anziani, con le tipiche fontane disseminate nei centri storici della Puglia è un’immagine radicata nel nostro presente, talmente che alle volte rischia di parere scontata. E invece scontata non lo è affatto. La sua importanza può essere dedotta anche solo dal nome della regione stessa. 

Dinanzi a questo quadro storico-geografico, non si può attendere: nel 1868 la Provincia di Foggia pubblica un bando per la conduttura di acque nel territorio e diversi professionisti presentano i loro progetti, tra cui l’ingegnere Camillo Rosalba che propose un’idea geniale: l’adduzione delle acque dalle sorgenti di Caposele per mezzo di una grande conduttura in traforo fino a Conza per superare lo spartiacque del Tirreno e di un canale sulla sponda dell’Ofanto verso Andria per volgere verso Corato, Ruvo, Bitonto fino a Brindisi. Eppure il progetto non viene scelto.

La realizzazione: una vera impresa

Il primo bando per la costruzione va deserto e solo l’anno successivo, con una seconda gara a livello internazionale, la “Società anonima italiana Ercole Antico e soci concessionaria dell’Acquedotto Pugliese” si aggiudica il lavoro, per un importo di 125 milioni nel luglio 1905. I lavori dell’acquedotto che doveva portare nelle Puglie le acque del Sele, e che si disse perciò “Acquedotto Pugliese”, furono iniziati nel 1906 con lo scavo della grande galleria dell’Appennino e le opere di captazione. Purtroppo dal 1906, la Società riesce solo a completare la struttura del Canale Principale e le gallerie di attraversamento dell’Appennino e delle Murge.

Finalmente l’acqua arriva a Bari il 24 aprile 1915 e, nello stesso anno, giunge ad altri ventisette comuni della provincia. Nel 1916 si aggiungono altri sei comuni e la città di Taranto. Gli eventi della Prima Guerra Mondiale bloccano il proseguimento dei lavori: si accumulano ritardi e debiti. Lo Stato decide di intervenire annullando la convenzione nel 1919.

Nel 1918 l’acqua arriva a Brindisi. I comuni pugliesi sono caratterizzati da strade, piazze e spazi pubblici in terra battuta. L’acqua, nella maggioranza dei casi, esiste solo nelle fontane pubbliche; le fognature sono sconosciute: esistono solo fosse provvisorie, pozzi neri e carri botte incaricati della raccolta degli scarti urbani.

Nel 1919 si istituisce a Bari un “Ente Autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’Acquedotto Pugliese” che opererà per conto del Ministero dei Lavori Pubblici, che prevederà oltre alla costruzione, manutenzione ed esercizio perpetuo dell’Acquedotto Pugliese, opere di rimboschimento del bacino del Sele, costruzione delle fognature, costruzione di case popolari e borgate rurali, risanamento di quartieri ed abitazioni insalubri.

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