Risale al tardo Medioevo, verso la fine del ‘400, il primo documento ufficiale che riguarda il calcio storico fiorentino, un antesignano di quello dei nostri giorni, conosciuto anche come calcio in livrea o in costume. Un evento del passato che rivive a Firenze ogni 24 giugno, giorno di San Giovanni, patrono della città, ma che quest’anno, a causa della pandemia di Coronavirus, è stato cancellato.
Lo sport più seguito nel mondo e, soprattutto in Italia, parte integrante della cultura e della società, affonda le sue radici nella notte dei tempi. Si hanno notizie di giochi antenati del calcio in Cina già nel 200 a. C. e in Giappone (50 a.C.). Vi sono testimonianze in Grecia con la Sferomachia e a Roma con l’Harpastrum o Harpastum (latinizzazione del verbo greco ἁρπάζω, strappare a forza) praticato dai legionari come allenamento in vista delle battaglie, in cui era consentito usare sia le mani che i piedi. Nel 276 d.C. si gareggiò una partita storica di harpastrum tra soldati romani e britannici che ne uscirono vincitori.
Secondo la tradizione medioevale, i Fiorentini, giovani, adulti, popolani e nobili, erano soliti affrontarsi in maniera rude, un vero scontro fisico corpo a corpo, per le vie e per le piazze, divisi in squadre, calciando un pallone di stracci o di pelle in un mix di calcio, rugby e pugilato. Ben presto si sentì il bisogno di stabilire delle regole, anche per ovviare ai problemi di ordine pubblico generati spesso dagli stessi giocatori. Si decise, così, di dedicare solo alcune grandi piazze fiorentine ai calcianti, per lo più rampolli delle famiglie nobili, dai 18 ai 45 anni, che potevano affrontarsi, sfoggiando abiti sfarzosi, attenendosi ad un regolamento di 33 articoli. Le partite erano precedute da cortei con squilli di trombe e rulli di tamburi mentre la folla si accalorava. Due squadre, formate da 27 calcianti ciascuna, si sfidavano su un campo rettangolare ricoperto da sottile sabbia (rena), suddiviso in due quadrati equivalenti alle due metà campo. Lo scopo finale era quello di segnare una caccia portando il pallone in rete a fondocampo, facendo attenzione a non mandarlo fuori perché, in tal caso, sarebbe stata assegnata mezza caccia agli avversari.
Il periodo di Carnevale era quello in cui si svolgevano la maggior parte degli incontri calcistici. La partita più famosa fu giocata il 17 febbraio 1530 durante l’assedio dell’imperatore Carlo V. Le truppe imperiali, accampate su una collina di fronte a piazza Santa Croce, assistevano all’evento dei Fiorentini in un crescendo di tifo e di urla dove si celavano insulti e sberleffi verso gli invasori.
Fino al 1600 il calcio fu veramente popolare, ma lentamente, dal 1700 in poi, con l’estinzione della famiglia dei Medici, l’interesse andò via via scemando, così che furono sempre meno le partite ufficiali organizzate nelle grandi piazze. Nel XX secolo, il calcio fiorentino riprese come rievocazione storica e folkloristica. Nel 1930 vennero organizzate regolarmente partite tra i quattro quartieri storici di Firenze, Santo Spirito (i Bianchi), Santa Croce (gli Azzurri), Santa Maria Novella (i Rossi) e San Giovanni (i Verdi), in occasione del santo patrono, nella piazza di Santa Croce che, però, in questo 2020 resterà deserta.
Bruna Fiorentino