Il medico di famiglia è da sempre una delle figure di riferimento all’interno di ogni comunità, al pari del Parroco o del carabiniere o del Sindaco, si presenta come colonna portante per i cittadini. Nel passato era addirittura venerato e ricercato assiduamente dalle famiglie, ma diverso appariva anche il suo ruolo e la sua stessa dedizione agli altri. Infatti le visite domiciliari erano scontate, egli si precipitava a casa dei pazienti a qualsiasi ora del giorno e della notte, spinto da un innato senso del dovere. Il medico era una persona amata, stimata, su cui poter fare affidamento. Al termine di ogni visita veniva ringraziato, quasi adulato, coinvolto anche sul piano delle problematiche familiari, considerato quasi un componente stesso del nucleo familiare. Oggi le cose sono notevolmente cambiate, lo stesso rapporto medico-paziente si traduce in messaggistica, nei casi fortunati in telefonate. Le ricette sono elettroniche, inviate alla farmacia dopo una breve diagnosi non sempre eseguita attraverso un’accurata visita. Già, perché le visite del medico diventano sempre più rare, così come sempre più frequenti le diagnosi effettuate al telefono.
E’ pur vero che i dati dell’ ENPAM, l’ente nazionale di previdenza per i medici, rivelano che 21.700 medici andranno in pensione entro il 20023 e che la loro sostituzione sarà pressoché impossibile, soprattutto nel nord Italia. In poche parole, un italiano su tre resterà senza medico.
Una previsione allarmante, se consideriamo che già ora la situazione risulta tragica, visto che un cittadino che si ammala si ritrova a rimbalzare tra un contesto e l’altro senza di fatto sentirsi preso a cuore da qualcuno. Capita spesso che, telefonando al proprio medico, ci si senta rispondere: chiami il 118, il quale, a sua volta, rincalza con un proverbiale : venga al pronto soccorso, non abbiamo l’ambulanza ora, altrimenti chiami la guardia medica.
La guardia medica, a sua volta, sollecita il paziente ad andare al Pronto Soccorso ed in questo modo il povero malato deve affidarsi a se stesso o alla Provvidenza. Questo abominevole ping pong di risposte, avviene senza minimamente considerare lo stato di sofferenza del paziente e lo stesso rischio che ha di aggravarsi se non addirittura di morire a causa del mancato soccorso, più propriamente definibile come omissione di soccorso.
Si pensa forse che un paziente sia sempre in grado di agire autonomamente e magari, in preda a violenti dolori addominali, possa tranquillamente mettersi alla guida della propria auto e raggiungere l’ospedale. Non tutti poi hanno modo di farsi accompagnare, non tutti hanno la patente, senza contare i limiti che presentano gli anziani e i disabili.
In fine, giunti miracolosamente al Pronto Soccorso, ecco che inizia un’altra avventura, fatta di accoglienze disarmanti, prive di partecipazione affettiva, nel corridoio solitario dell’attesa, senza alcuna considerazione dell’angoscia, della paura, dell’amarezza dei poveri ammalati.
In definitiva a diminuire sarà una figura professionale di per sé ormai destabilizzante per chi ha la sfortuna di ammalarsi. Incrociamo le dita allora, augurandoci lunga vita in salute, evitando di morire miseramente in attesa del professionista più idoneo atto a sacrificare un litro di benzina per una breve visita domiciliare.
Eleonora Giovannini