Si accende la discussione tra lavoratori e imprese sulla tipologia del lavoro a seguito dell’innovazione tecnologica
È sempre più acceso il dibattito sul lavoro da remoto. Sono molti i lavoratori a considerarlo ormai un diritto acquisito, mentre sono diverse le aziende che rimangono scettiche e richiamano i loro dipendenti all’interno dell’ufficio. La crescita dei lavoratori coinvolti nel lavoro da remoto è però inarrestabile. Sia la tecnologia, sia il cambiamento dei processi produttivi delle aziende costringono i manager a rivedere l’organizzazione del lavoro, tra cui lo smart working.
I dati del settore
Con i dati alla mano, Nicholas Bloom, professore di economia alla Stanford University, mediante uno Studio pubblicato su Nature ha rivelato risultati differenti. «L’esperimento condotto con l’aiuto dei dipendenti di un’azienda tecnologica cinese – si legge nello Studio – ha mostrato come lavorare da casa per due giorni alla settimana ha ridotto i tassi di dimissioni volontarie, migliorato la soddisfazione lavorativa e non ha avuto un impatto negativo sulle prestazioni rispetto ai colleghi che hanno lavorato in ufficio a tempo pieno. Lo stesso Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, ha recentemente espresso la sua visione riguardo al futuro del lavoro, prevedendo che l’orario di lavoro tradizionale dalle 9 alle 17 potrebbe diventare obsoleto entro il 2034».
I CEO scelgono il lavoro da remoto
A lavorare da remoto sono anche gli stessi CEO, una tendenza che non sembra arrestarsi. Anche i dirigenti vogliono mantenere una certa flessibilità quotidiana e trascorrere un po’ di tempo con la famiglia, a quanto pare. Ultimo in ordine di tempo il nuovo amministratore delegato di Starbucks, Brian Niccol, residente in California, che non sarà obbligato a trasferirsi nella sede principale dell’azienda a Seattle. E Hillary Super, prossima amministratrice delegata di Victoria’s Secret, che avrà la possibilità di lavorare da remoto. Questo segnala l’emergere di un’attitudine che, pur sembrando innovativa, ha radici più profonde di quanto appaia. Il desiderio dei manager di mantenere uno status di lavoro a distanza, potrebbe avere sempre più importanza per la stragrande maggioranza delle aziende. Con Giulia D’Amato, co-founder di Startup Geeks, vogliamo comprendere la situazione del mondo del lavoro e il futuro dell’occupazione.
Perché il lavoro da remoto non è accettato da tutte le imprese?
«Oltre alle preoccupazioni sulla produttività e sulla cultura aziendale, molte imprese non accettano il lavoro da remoto perché richiede un cambiamento significativo nella gestione e nell’infrastruttura aziendale. Il passaggio al lavoro da remoto comporta investimenti in tecnologie e formazione per garantire la sicurezza dei dati e la comunicazione efficace. Alcune aziende, soprattutto quelle tradizionali, potrebbero mancare di esperienza o di risorse per implementare questo cambiamento in modo efficace. Inoltre, il lavoro da remoto, sfida i modelli di controllo tradizionali, richiedendo ai manager di adottare un approccio basato sulla fiducia e sui risultati piuttosto che sulle ore di lavoro fisicamente controllate».
Quali opportunità avrebbe l’occupazione se rendesse strutturale la modalità del lavoro da remoto?
«Se il lavoro da remoto diventasse una norma strutturale, potrebbe contribuire a ridurre il divario economico tra le regioni, permettendo alle persone di accedere a posti di lavoro di alta qualità senza la necessità di trasferirsi nelle grandi città. Oltre ad un accesso a un bacino di talenti più ampio e diversificato e che può aumentare l’inclusività, ad esempio favorendo l’accesso al lavoro anche a persone con responsabilità familiari che rendono difficile il lavoro tradizionale in ufficio».
Il futuro del mondo del lavoro come cambierà a seguito della tecnologia?
«La tecnologia continuerà a trasformare il mondo del lavoro, rendendolo più orientato ai risultati e meno legato a un luogo fisico. Con l’avanzare dell’intelligenza artificiale i lavoratori possono ora concentrarsi su compiti più creativi e strategici. Questo cambiamento permetterà alle aziende di adottare modelli di lavoro più flessibili ed efficienti, favorendo la collaborazione a distanza attraverso strumenti digitali avanzati. Inoltre, entro il 2025, secondo lo studio di Gartner, si prevede che molte aziende investiranno in tecnologie innovative, come realtà virtuale e metaverso, per migliorare la collaborazione da remoto e la formazione dei dipendenti, sfruttando al massimo le potenzialità offerte dalle piattaforme digitali».
Qual è il principale beneficio dovuto dal lavoro flessibile?
«Oltre al miglioramento dell’equilibrio tra vita privata e professionale, il lavoro flessibile può portare a una maggiore creatività e innovazione. Quando i dipendenti hanno la libertà di lavorare negli ambienti e nei momenti che li rendono più produttivi, sono più propensi a sviluppare nuove idee e soluzioni. Un report della Harvard Business Review ha evidenziato che il lavoro flessibile può aumentare la produttività del 20-25%, poiché i dipendenti possono organizzare la loro giornata in base ai loro picchi di energia e concentrazione. Inoltre, la flessibilità può contribuire a ridurre il burnout e l’assenteismo, migliorando la salute mentale e il benessere generale dei lavoratori, con un impatto positivo sulla retention e sulla capacità dell’azienda di attrarre talenti».
Francesco Fravolini