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Ambiente & Società

La religione che ferisce: il trauma delle persone LGBTQ+

Il costo mentale della discriminazione religiosa 

Il collegamento tra l’appartenenza a minoranze sessuali e il disagio mentale è un campo di ricerca in crescita. Secondo la teoria dello “stress da minoranza” di Meyer, le persone LGBTQ+ spesso vivono uno stress cronico causato dallo stigma sociale e da eventi negativi come discriminazione e violenza.

Uno studio del 2023, pubblicato sul “Socio-Historical Examination of Religion and Ministry Journal”, mostra che fino a 1 adulto su 3 negli Stati Uniti ha sperimentato traumi religiosi in qualche momento della propria vita, mentre circa 1 su 5 mostra attualmente sintomi rilevanti. Questi traumi si basano su messaggi interiorizzati di non accettazione e condanna.

Kellen Swift-Godzisz, 35 anni, cresciuto in una chiesa battista evangelica e successivamente accortosi dei sentimenti di attrazione che provava verso altri ragazzi, così descrive la sua situazione: “Immagina tutte le persone in cui riponi fiducia che ti dicono che finirai all’inferno perché ti piacciono persone dello stesso sesso”. Swift-Godzisz ha sviluppato ansia e depressione dopo aver trascorso più di 20 anni cercando di respingere tali impulsi. 

Un altro esempio è Jamie Long, 40 anni, cresciuto in una chiesa pentecostale: “La religione ha distrutto la mia vita. Mi hanno insegnato a credere che la mia stessa esistenza fosse sbagliata”. Long è stata allontanata dalla sua comunità e respinta dalla famiglia quando ha fatto coming out come omosessuale, sviluppando successivamente disturbi d’ansia e depressione maggiore.  Queste sono ferite interiori causate da una fede che invece di accogliere, emargina le persone in base al loro orientamento sessuale.

Le conseguenze di crescere in ambienti religiosi conservatori che condannano l’omosessualità possono essere catastrofiche. Quando aveva 11 anni, Kellen Swift-Godzisz confidò al pastore la sua attrazione per persone dello stesso sesso, e questi lo riferì ai genitori che lo sottoposero a una sorta di “terapia di conversione”, costringendolo a sessioni con esponenti del gruppo fondamentalista “Focus on the Family”. Come spiega la psicologa Marlene Winell, “Queste dottrine che vengono insegnate ripetutamente sono molto dannose e terribili da estirpare. In molti casi sei violato, abusato o fatto vergognare, e l’impatto è profondo”.

Anche quando non ci sono abusi veri e propri, il semplice coming out può portare a una perdita immediata di supporto sociale. È quanto accaduto a Jamie Long, che dopo aver rivelato la sua omosessualità è stata esclusa dal coro della chiesa e ha ricevuto dalla madre parole come “Brucerai all’inferno”.

In altre parole, dichiarare apertamente la propria identità può significare perdere improvvisamente il sostegno di familiari, amici, guide spirituali e intere comunità. Un evento traumatico che lascia ferite profonde e spesso porta a gravi forme di ansia, depressione e tentativi di suicidio.

La condanna religiosa che molte persone LGBTQ+ affrontano ha radici profonde e si nutre di messaggi che invalidano la loro identità. In parole povere, si tratta di un continuo sentisi dire “non dovresti sentire quello che provi”, “sei sbagliato per come sei”, “sei diverso dagli altri”.

Questi messaggi arrivano dalla cultura prevalente eterosessista, che, tramite istituzioni politiche e religiose, impone l’idea che essere eterosessuali sia normale, mentre tutte le altre identità e orientamenti sessuali siano devianti o addirittura immorali.

Questo tipo di stigma ha un impatto enorme sulla salute mentale delle persone LGBTQ+. Un studio recente ha rivelato che coloro che vivono in ambienti meno accoglienti culturalmente hanno una vita media più breve di 12 anni rispetto a chi vive in contesti più inclusivi.

A livello individuale, sentirsi etichettati come “sbagliati” causa sensi di colpa, vergogna, ansia, depressione, problemi nelle relazioni e persino idee suicide. Amberlyn Boiter, una donna transgender, ha vissuto il rifiuto della sua famiglia dopo aver fatto coming out, e ha detto: “Il dolore più grande è vedere i nostri cari preferire credenze vuote piuttosto che un rapporto con noi”.

La situazione politica attuale, con la demonizzazione della comunità LGBTQ+ da parte di gruppi religiosi conservatori, aggrava ulteriormente questo trauma spirituale. Questo porta molte persone a dover ricostruire completamente la propria identità e le proprie credenze dopo aver lasciato la religione in cui sono cresciute.

Nonostante la sofferenza causata dall’intolleranza religiosa, alcuni esperti vedono speranze per il futuro. Secondo il dottor Jack Drescher, i leader religiosi più anziani e conservatori sono ostinati nelle loro posizioni e difficilmente cambieranno idea sull’omosessualità. Ma le nuove generazioni di credenti sono più aperte: “I giovani religiosi non vedono le persone LGBTQ+ come nemici, ma come amici, vicini e compagni di culto”.

Quindi, man mano che questa nuova generazione più aperta e tollerante crescerà, le persone LGBTQ+ religiose potranno essere accettate senza pregiudizi e integrarsi meglio nelle loro comunità. Questo probabilmente porterà a una riduzione dell’ansia, della depressione e di altre problematiche mentali.

Cancellare secoli di dottrine discriminatorie richiederà comunque molto tempo e nonostante alcuni segnali positivi, la sofferenza spirituale della comunità LGBTQ+ rimane profonda.

Fonti:

https://www.nbcnews.com/nbc-out/out-health-and-wellness/millions-lgbtq-americans-religious-trauma-psychiatrists-want-help-rcna135728

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