Nel 1971 dei ricercatori sovietici hanno dato origine ad un suggestivo fenomeno ambientale.
Era in 1971 quando la “Porta dell’inferno” si è aperta nel deserto del Karakum in Turkmenistan, a circa 260 km a nord da Aşgabat. Un cratere infuocato del diametro di circa 70 metri e profondo 20 che brucia ininterrottamente ormai da 49 anni. A dispetto di quanto si possa pensare il fenomeno non è assolutamente di origine naturale. La vicenda ebbe inizio nello stesso 1971 quando un gruppo di geologi sovietici si mise a trivellare l’area interessata alla ricerca di petrolio, non sapendo che sotto di loro c’era una sacca di gas e una grande cavità generata dall’erosione dell’acqua. Quando le trivelle incontrarono il gas il tetto della caverna crollò formando un grande cratere ampio 70 metri e profondo 20. Gli scienziati rimasero illesi ma tutte le loro attrezzature vennero inghiottite nel terreno. A questo punto per timore che gas nocivi fuoriuscissero dalla cavità i sovietici decisero di innescare un incendio, supponendo sarebbe stato di breve durata. Non fu così perché il cratere brucia ormai da 49 anni e non manifesta segni di spegnimento. L’entità della presenza di gas nel sottosuolo è stata fortemente sottostimata portando a un forte impatto sull’ambiente. Pare, per giunta, che le emissioni di gas sprigionate dal crollo abbiano influito negli anni seguenti sulla condizione di salute delle popolazioni vicine. La porta dell’inferno si è ormai trasformata in un’importante meta turistica del Turkmenistan e genera un effetto impressionante, soprattutto durante la notte, tanto che tra la popolazione locale si è diffusa la credenza che si tratti di un fenomeno di origine soprannaturale.
Glenda Oddi