Ci si domanda spesso per quale ragione sia tanto diffusa la mania di protagonismo. In un certo senso ne siamo tutti un po’ affetti, perfino i più umili rimarcano inconsapevolmente con il proprio silenzio, quella lieve distanza dagli altri che li fa ergere su piedistalli più o meno alti. Di alto c’è ben poco, però, quando il protagonismo eccede in azioni deleterie per la comunità, attraverso ruoli inventati o comportamenti trasbordanti.
Stiamo naturalmente parlando dei voli pindarici compiuti da gallinelle da allevamento intensivo, goffe e in grado soltanto di deporre uova, sì, le uova della menzogna. Dobbiamo tuttavia ammettere che senza le Vanna Marchi di turno non sapremmo come riempire la satira e non potremmo riflettere all’interno di quella culla rilassante e cigolante, quale l’ironia.
Si sa poi che le bugie hanno le gambe corte e che, anche quando rimangono lunghe per una sorta di illusione ottica, arriva qualche anima pia pronta a spezzarle con cura. Di questi tempi la mente di troppa gente perbene pullula di bastoni immaginari o di pietre pesanti da scagliare, talmente elevato risulta essere il livello di esasperazione causato da quei famosi voli. Il mondo ne è pieno, di cosa? Di anatre e galline naturalmente, alcune attempate, che misteriosamente riescono a raggiungere alture inimmaginabili, probabilmente usando l’ingenuità degli altri come trampolino per il lancio. Ed ecco che tutti guardano lassù, in alto, tutti gli occhi sbigottiti verso la medesima direzione.
“Ma come ha fatto quella vecchia gallina da brodo ad arrivare fin lassù?” Si chiedono in troppi. Qualcuno la fotografa, qualcun altro ne fa un video durante il teatrale lancio. Un pollo la segue, fedele, nascosto tra i rovi, spennato e panciuto, che becca qua e là i semini caduti. Si accontenta di poco, non ci tiene a volare come la gallina audace. Si tratta del suo compare, vecchio pure lui, ma mentalmente ancora abile, quel tanto che basta per nutrirsi alla mensa dei poveri.
D’un tratto, però, ecco sopraggiungere un cacciatore, desideroso più di liberarsi di quei cumuli rumorosi di piume, che di assaporare la dura e stoppacciosa carne dei due pennuti. Attendiamo lo sparo. Molti albatros si adagiano nel ramo più basso, giù in fondo, appena sopra al letame che certo non si confà alla loro eleganza. Aspettano con calma, fiduciosi, la caduta libera dei due corpi filacciosi, prima di tornare a librarsi verso i loro altipiani.
Eleonora Giovannini