Image default
Ambiente & Società Arte & Cultura Lavoro & Economia

LA FAVOLA DI RANIA

di Manuela Maccanti

C’era una volta una principessa, direte voi. No, una regina dai profondi occhi castani impregnati di umanità, con una laurea in Gestione d’impresa strappata col massimo dei voti all’Università americana del Cairo e una bellezza sofisticata e senza eguali. Rania non aveva origini nobili né patrimoni da poter sventolare quando si è laureata ed è stata assunta dalla sede giordana della Apple. Eppure una cosa non gli faceva difetto: la determinazione. Ne aveva da vendere.

La sua favola è una storia moderna dove il lieto fine va sudato, conquistato, lottato vista la complessità politica, sociale e culturale e i conflitti del mondo arabo in cui vive. Rania di Giordania, la regina di tutti, è sposata da trenta anni con il re Abd Allah Il Ibn Al-Husain e mai si è sentita trapelare una voce o un pettegolezzo sul loro legame inossidabile. Rania lo conobbe a una cena quando lui era già principe di Giordania, nel 1993. Bastò uno sguardo, una chiacchierata sotto le stelle, due mani intrecciate come vitigni e il loro amore divampò così tanto che, nel giro di nemmeno sei mesi, erano già marito e moglie. Il lussuoso Zahran Palace di Amman coi suoi pregiati ori e cristalli fece da teatro alle loro nozze epocali. Rania, allergica a regole e convenzioni, per l’occasione scelse il basso profilo e non indossò la corona, ma solo un paio di orecchini a goccia. Niente più.

I matrimoni si suggellano sull’amore, sull’unione tra anime, su quel fuoco inestinguibile che divampa, magari si trasforma ma non si estingue. Rania e il re di Giordania sono, a oggi, unitissimi, dopo vicissitudini e ben quattro figli. A dimostrazione del fatto che non è certo una corona in testa nel giorno del matrimonio, imposta dall’alto, a tenere insieme una coppia. Fuggendo qualsiasi etichetta che vorrebbe, nella figura della regina, un surrogato di Penelope con Ulisse, Rania di Giordania ha scelto di non fare l’ombra del marito e di stare davanti ai riflettori, meglio se al centro. Un rapporto uomo-donna paritario senza, con questo, voler offuscare il consorte e il suo ruolo.

Sono celebri le sue battaglie per la tutela dei bambini vittime di ogni tipo di sopruso e violenza e le campagne di corretta informazione sul mondo musulmano e sui pregiudizi largamente diffusi a causa dei fondamentalisti islamici. Rania ha più volte spiegato che nonostante i quasi due miliardi di musulmani su scala mondiale, quelli che esercitano torture e atti deprecabili in nome dell’Islam, gli integralisti, sono una piccola minoranza che si discosta profondamente dai dettami del Corano. E, lo ha sempre ribadito, le due comunità non vanno confuse. Come lei stessa ha raccontato in un’intervista televisiva: «la nostra religione predica compassione, tolleranza, perdono. Abbraccia persone di altre fedi e condanna l’odio, il pregiudizio e il bigottismo. C’è molto da celebrare nel mondo arabo. Ma dobbiamo amplificare quei successi, dobbiamo parlarne». Una rivoluzione gentile, la sua, che mette al primo posto i diritti civili. Gentile ma efficace.

Rania, che rappresenta la donna indipendente e sicura di sé, è anche molto attiva sui social: con più di dieci milioni di follower su Twitter, quasi venti milioni su Facebook e oltre sette milioni su Instagram è tra le first lady più amate al mondo. Nonché una delle più belle e sofisticate, nonostante l’allarmante semplicità. Un’icona di stile, innato, che ha tutte le carte in regola per fare la differenza nel riscrivere il finale della favola. Dove, stavolta davvero, vissero tutti felici e contenti.

Altri articoli