Una delle industrie più inquinanti al mondo è attualmente quella della moda. In particolare con lo sviluppo della fast-fashion che produce capi di abbigliamento che spesso vengono buttati o hanno una qualità scadente già dopo un paio di utilizzi. Il risultato di tutto questo sono le discariche di indumenti. Esempio lampante ne è il deserto dell’Atacama, in Cile, dove giacciono ormai 40mila tonnellate di maglioni, t-shirt, jeans e molti altri prodotti tessili che provengono per la stragrande maggioranza dai mercati occidentali.
Recentemente, questo dato è stato confermato anche in Scozia, dove i tessili come abbigliamento e scarpe sono il tipo di rifiuto domestico più dannoso per l’ambiente. Il rapporto sulla metrica del carbonio di Zero Waste Scotland tiene traccia dell’impatto dell’intero ciclo di vita degli oggetti gettati via dalle case scozzesi. La ricerca ha scoperto che i tessuti rappresentano solo il 4% di ciò che è stato cestinato nel 2021, in termini di peso, ma rappresentavano il 32% dell’impronta di carbonio generata dai rifiuti domestici.
L’ente ambientalista ha affermato che gli scozzesi “hanno bisogno di ripensare il proprio consumo di beni”. La categoria dei tessuti comprende abbigliamento, scarpe e tappeti, con vestiti e scarpe che rappresentano circa l’80%. Zero Waste Scotland ha affermato che l’abbigliamento che acquistiamo viene spesso prodotto attraverso lunghe catene di approvvigionamento che generano grandi volumi di emissioni di gas serra in ogni fase.
La soluzione più economica e immediata è quella di dare una seconda vita agli abiti come fa Izzie Eriksen, fondatrice dell’impresa sociale ApparelXchange, con sede nella parte sud di Glasgow. L’idea è di aiutare le persone, in particolare le famiglie con bambini, a riutilizzare i vestiti e a ridurre le emissioni globali e l’impatto dell’industria della moda sulle comunità globali.
Il problema ambientale è distante dall’essere risolto anche in Scozia, infatti lo scorso anno è stato registrato un leggero aumento complessivo dell’impronta di carbonio totale dei rifiuti domestici scozzesi. Zero Waste Scotland ha affermato che l’aumento dei rifiuti tessili è stato il principale contributo a questo.
Lo spreco alimentare è stato il secondo maggior contributore all’impatto del carbonio dei rifiuti domestici, rappresentando il 30% delle emissioni di gas serra, ma solo il 18% dei rifiuti domestici in peso. Iain Gulland, amministratore delegato di Zero Waste Scotland, ha dichiarato: “Se vogliamo affrontare seriamente il cambiamento climatico, dobbiamo ripensare al nostro consumo di beni e materiali.
“Lo scozzese medio consuma più del doppio della quantità sostenibile di materiali all’anno e la nostra cultura dell’usa e getta incoraggia questo approccio. È un imperativo ambientale che ribaltiamo la situazione”. L’agenzia finanziata dal governo scozzese sta incoraggiando gli scozzesi a “fare le cose in modo diverso” e guardare al modello di economia circolare, in cui le persone sono incoraggiate a riutilizzare, donare e riciclare i prodotti.
Come in molti settori il consumismo ci allontana dall’obiettivo di risanare il nostro ambiente, mentre un’economia circolare ci può offrire l’opportunità di fare le cose in modo diverso senza compromettere la qualità della vita e diminuendo i nostri consumi.
Riccardo Pallotta©