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Ambiente & Società

Il potere creativo della parola

Per i “Pomeriggi Pomeridiani a Montecitorio” si è parlato di cultura woke

by Bruno Cimino

Il 5 dicembre scorso, a Roma, nella Sala della Regina di Montecitorio si è svolto l’oramai consolidato appuntamento con le “Parole Guerriere”, eventi organizzati da Diego Nesci e dall’On. Dalila Nesci, entrambi ideatori e fondatori dell’iniziativa politica social culturale. 

L’argomento questa volta ha impegnato i relatori sulla Cultura Woke. Presenti: Marco Minniti (già Ministro dell’Interno); Giuseppe Fioroni (già Ministro della Pubblica Istruzione); Paola Concia (Deputata e attivista); Antonio Di Bella (Giornalista); moderatore Diego Nesci.

In ogni intervento è stato rilevato che taluni suggerimenti arrivano innanzitutto dal settore della politica e possono nuocere alla stabilità di un popolo poiché atte a promuovere, spesso con parole inappropriate, situazioni non facili da gestire. E siccome “la storia è maestra di vita” come ha ricordato Fioroni, l’attenzione a certi gratuiti atteggiamenti non è mai troppa.

Originariamente, con il termine “woke” (nato negli Stati Uniti), si voleva indicare una consapevolezza delle ingiustizie che si perpetrano sulle persone. Oggi, essendo stato associato alla cancel culture viene inteso come atteggiamento ideologico quasi dogmatico. Un fenomeno da non sottovalutare che è emerso durante l’ultima campagna elettorale americana vinta da Trump.

I relatori hanno dato vita a tante risposte ponendosi con altrettante domande.

Essendo negli USA l’epicentro di questa cultura wok, si comprende, e non è la prima volta, che talune destabilizzazioni mondiali giungono quasi sempre da questa parte del mondo. E sono talmente forti le spinte che arrivano da essere in grado di cancellare facilmente tutte le idee che ruotano intorno a quell’universalità da tempo ricercata e mai raggiunta dalle sinistre di tutto il mondo, a partire dall’Italia.

Il tema discusso, “woke”, a nostro avviso è stato affrontato a viso aperto e senza sconti, sul potere del linguaggio e sulla tragica ricerca di un’identità che l’occidente sembra aver smarrito. Le appassionate e incisive opinioni hanno trovato la perfetta sintesi nell’individuazione della paura che incrementa la fragile esistenza di molte comunità, già sottomesse da chi detiene maggiore potere e, pertanto, sottoposte ad una continua insicurezza.

Per il modus vivendi di questo clima alimentato sulla paura, si sta forse annientando la capacità di rispettarci gli uni con gli altri? È la politica ad assecondare ciò attraverso il veicolo della diversità?

Se la riposta è affermativa, la domanda è: come si inverte tale orientamento? Bisogna trovare risposte urgenti e adeguate poiché la paura può portare a reazioni incontrollabili.

Il compito di una componente politica popolare è, da una parte, quella di parlare con coloro che ghettizzati dentro una simile realtà, hanno paura e dall’altra affrontare i cosiddetti “mercanti della paura” in un dibattito serio e duraturo, magari accettando il confronto anche su quei temi dati per scontati come deleteri del divenire umano, ossia quello che cerca la pace nel mondo.

Tutto ciò è possibile? Forse – è emerso – evitando le trappole dell’identità assoluta che altro non è  se non contrapposizione ideologica, i cui risultati vedono le autocrazie diventare sempre più forti e le democrazie depauperare.

Ma non è tutto. A marzo 2025 il prossimo appuntamento con “Parole Guerriere”.

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