Tra Riscritture del Passato e Sfide del Futuro
Cos’è un culto? La risposta potrebbe cambiare in base a dove ci si trova. Negli Stati Uniti il termine “cult” ha una connotazione fortemente negativa e indica gruppi settari, chiusi e pericolosi, con credenze e pratiche socialmente devianti. In Italia il termine “culto” ha invece una connotazione più neutra: può indicare semplicemente una particolare forma di venerazione o adorazione religiosa, o per estensione la religione che la pratica senza necessariamente sottintendere derive settarie. “Setta” invece ha decisamente una connotazione negativa, sebbene l’origine del termine indichi semplicemente una separazione (anche i primi cristiani furono definiti come setta del giudaismo).
Le definizioni rimangono controverse e sfuggenti; inoltre, anche nelle religioni più accreditate possono manifestarsi tratti e contesti settari. Per cui, alla fine, ciò che conta veramente è capire le dinamiche interne ai gruppi, al di là delle etichette, e confrontare valutazioni e differenze tra una realtà religiosa e un’altra.
Tra queste dinamiche interne, una che caratterizza i culti più problematici è sicuramente quella dei “cerchi concentrici” intorno al leader. La cosa ricorda un po’ il “cerchio magico” che, per chi ha memoria di storia recente italiana, è la definizione data al gruppo di fedelissimi intorno a un massimo dirigente politico. Certamente, ogni leader religioso, che si tratti di un singolo individuo (come ad esempio fu il santone Sai Baba) o di un gruppo dirigente (come può essere il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova), ha il suo cerchio di strettissimi collaboratorii con cui si interfaccia in modo continuo e diretto. Ma poi, da esso, come cerchi concentrici, vi sono diverse posizioni e livelli di distanza da chi comanda.
E di solito, coloro che si trovano nei cerchi esterni, quelli più distanti dal centro, non sono consapevoli della manipolazione che avviene “dietro le quinte” e tendono a idealizzare chi detiene il potere. Nella loro innocenza, essi tendono a pensare che tutto sia onesto e sincero. Tuttavia, più ci si avvicina al leader, più la situazione diventa pericolosa e poco edificante. Naturalmente questo non è vero per tutti i culti o religioni, ma lo è per molti di essi.
Altro fenomeno tipico importante di certi culti è quello della “dissociazione genealogica”, così come definita da David Christopher Lane docente di studi religiosi presso la State University di Long Beach in California, ovvero la tendenza a negare il legame con movimenti precedenti per apparire innovativi. Si tratta del tentativo di negare la propria storia, o di riscriverla inventando fatti, per acquisire una sorta di nuova verginità e scrollarsi di dosso pesi e incongruenze, tutto ciò che è scomodo e può creare imbarazzo a chi comanda nel presente. Ad esempio, è noto come JF Rutherford, che dal 1917 successe a CT Russell alla guida degli Studenti Biblici in America, cercò in tutti i modi di eclissare il ricordo del suo predecessore che era certamente più carismatico di lui. Inoltre, basta leggere e consultare le pubblicazioni Watchtower più recenti per rendersi conto di come il passato sia stato riscritto in senso edificante e agiografico. Se a chi comanda spetta il controllo dell’informazione, ai semplici adepti rimane solo un’ubbidienza servile, almeno fino al risveglio di qualcuno di essi che può iniziare un percorso non facile di fuoriuscita.
Il culto del leader si accompagna inevitabilmente allo svilimento del seguace. A essere onesti è vero che alcuni membri traggono beneficio dalla loro associazione con certi culti. Non è raro sentir dichiarare da qualcuno di loro che ha interrotto abitudini nocive e che adesso gode di una vita più sana. Possono esserci molte ragioni per questo, tra cui indubbiamente la motivazione e l’impegno di chi, pur venendo da un’esistenza problematica, vede nel culto una nuova opportunità di vita e di poter sperimentare una fede scoperta o ritrovata. Il problema, però, è quando l’aspirante discepolo tende ad attribuire qualunque beneficio tragga al gruppo o al leader, e non a colui da cui esso primariamente proviene : se stesso. Una dipendenza che potrebbe indebolire la fiducia nelle sue capacità individuali e renderlo più suscettibile al controllo e alla manipolazione.
I culti cambiano semplicemente forma ma non scompaiono. Negli anni Sessanta molti sociologi ritenevano che “Dio era morto”, e che la secolarizzazione avrebbe prima o poi sostituito la religione. Ciò non è accaduto ed essi continuano a prosperare adattandosi a nuovi bisogni e nuovi desideri. Avete notato, ad esempio, che molte di queste religioni alternative, in particolare quelle interessate al vegetarianismo, hanno avviato iniziative di grande successo legate al cibo? Ma il pericolo attuale più allarmante è che i neofiti ingenui credano falsamente che un altro individuo abbia potere e conoscenza soprannaturali, quando, in realtà, non hanno né l’uno né l’altra.
Le nuove tecnologie sono facili strumenti per propagare “fake news” che circolano su Internet e che, a meno che uno non sia uno scettico esperto, ingannano e manipolano facilmente, apparendo però del tutto reali. Il pericolo attuale è nel mondo virtuale, dove è fin troppo facile confondere l’immagine con la realtà e trarre vantaggio da chi non sa distinguere la differenza. In che modo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, oltre agli attesi benefici (basti pensare alle applicazioni in campo medico e sulla salute), darà in mano a personaggi poco raccomandabili strumenti più potenti per raggiungere i loro scopi, anche in campo religioso? I culti del futuro saranno virtuali e questo è un territorio inesplorato.
La sfida sarà discernere tra verità e falsità in un mondo in cui la tecnologia può amplificare le illusioni. In questo intricato labirinto di credenze e tecnologie emergenti, la consapevolezza e il discernimento diventano le chiavi per navigare nel territorio inesplorato dei culti.