Il nuovo orientamento all’arte prende il nome di decontemporaneo, rimarcando la necessità di rimettere in ordine qualcosa che sembra essere stato perduto e che si lascia sentire sotto forma di nostalgia o di ancestrale desiderio.
L’arte ha bisogno di se stessa per non rimanere impigliata nei moderni meccanismi della sregolatezza, dove tutto è possibile, anche la banalità. Ci si appella dunque ad una definizione sottilmente salvifica che tenga conto di caratteristiche basilari riscontrabili più nel passato che nel presente.
Una dicotomia incisiva che ammette la necessità di un ritorno ai valori culturali, soprattutto in virtù di un contenuto che, nel campo dell’arte visiva, è anche estetica e l’occhio inevitabilmente vi inciampa.
Non si tratta dunque di una mera definizione a se stante, ma di un fanale acceso su una condizione artistica che esige attenzione, talvolta in maniera allarmante, per porre rimedio all’espressione libera spesso sganciata dalla critica o affidata a giudizi che non tengono più conto dei punti cardinali del mondo artistico.
Il decontemporaneo è in un certo senso un’attenta riflessione che inizia esattamente dalla valutazione del presente pur discostandovisi in funzione di quella necessità ineluttabile che è la tutela della continuità e dell’armonia che soltanto la bellezza intesa come valore permette.
Eleonora Giovannini