Ormai non è più un rischio, ma un dato di fatto: il cambiamento climatico è in atto. Sono molte le misure che si stanno adottando in giro per il mondo, ma tutte poco coese e forse anche troppo in ritardo. Questo ha fatto sì che il riscaldamento stia portando a un graduale, e sempre più veloce, innalzamento del livello del mare. Un villaggio gallese sembra esserne una delle prime vittime designate da questo fenomeno.
Il riferimento è a Fairbourne, villaggio sulla costa del Regno Unito che è ad alto rischio di venire sommerso dall’innalzamento del livello del mare. Il pericolo sembra talmente concreto che ai residenti è stato detto che dovranno inevitabilmente trasferirsi. Molti però, almeno per il momento si stanno rifiutando di lasciare le proprie case.
Fairbourne è un minuscolo villaggio del Galles incastonato tra il parco nazionale Snowdonia e il Mare d’Irlanda. Conta una comunità di 700 persone. “Si tratta di un posto incantevole in cui vivere” sostiene il 72enne Stuart Eaves, “Non ci sono molti soldi qui, ma ha ciò che i soldi non possono comprare: pace, tranquillità, sicurezza e comunità” conclude.
Nel 2014, il Gywnedd Council, che si occupa del monitoraggio e controllo del villaggio, ha affermato che non manterrà le difese contro le inondazioni a tempo indeterminato e che dal 2054, Fairbourne non potrà avere più abitanti. Da qui viene quindi il “consiglio” di smantellare l’intero paesino: case, negozi, strade, parchi e infrastrutture varie. Tutto tornerà a essere un’inospitale palude.
I residenti sono a dir poco furiosi perché credono che il governo cittadino, non meno di quello nazionale, possano adottare delle strategie per evitare questo cataclisma. Magari emulando modelli di gestione delle inondazioni di altri paesi, come i Paesi Bassi per esempio.
Può sembrare un problema di un villaggio sperduto nella campagna inglese, ma in realtà è una questione su cui tutti dovremmo riflettere. Infatti secondo i dati di The World Bank, il cambiamento climatico potrebbe costringere 216 milioni di persone nel mondo, a dover migrare all’interno dei propri Paesi dalla costa. Non tra migliaia di anni, ma entro il 2050.
Chissà se riusciremo a modificare questo destino già segnato, o magari a guadagnare del tempo. Sicuramente dovremo cambiare molto del nostro vivere quotidiano.
Riccardo Pallotta©