Non sempre gli scrittori leggono, troppo presi ad esternare quell’angolo dell’io che fa fatica a divenire universale, se a caratterizzarlo è uno spirito narcisistico e tutto concentrato sull’idea che certi grafomani hanno di se stessi.
Sono questi gli scrittori che si guardano allo specchio mentre mettono soltanto il profumo alle proprie idee. Ciò succede soprattutto in questa nostra epoca freddamente moderna ed invasa, non tanto da certi ritmi troppo pragmatici, quanto da uno stile di vita più virtuale che reale. La connotazione virtualistica dell’esistenza è infatti presupposto di alienazione dalle cose, di quella distrazione che allontana le persone da tutti quei processi legati alla concentrazione, alla formazione del sé, all’introspezione. Uno dei canali che favorisce tutto ciò è la lettura, come possibilità di sedimentazione della conoscenza e quindi di risorsa cognitiva, se non addirittura di auto conoscenza. Quella sedimentazione, che gli appassionati dei libri conoscono e gustano, diviene luogo e dimensione di accrescimento non soltanto legato alla conoscenza, ma anche alla dimensione emotiva,spirituale, personale. Il vero scrittore trae nutrimento da quel ricettacolo, poiché le parole acquisiscono humus proprio grazie a quel viaggio necessario dove i detriti accumulano tempi, passaggi, impronte e memorie.
Gli scrittori che attingono alla ricchezza di quella sedimentazione, hanno modo di scrivere opere universali, senza specchi, senza altari, dimenticando se stessi. Ed è così che si formano i veri scrittori, in quella nicchia appartata, silente, umile. Le violette di montagna fioriscono sotto ai sassi. C’è chi le cerca e poi le trova, consapevole della loro inconfondibile bellezza.
Gli scrittori autentici sono come quelle violette e non hanno paura di non essere trovati, poiché a loro preme soltanto l’atto dello scrivere in sé, al di là di ogni ostentazione e di ogni vanto.
Hanno molto da insegnare i letterati, anche se spesso vengono compresi soltanto dopo la loro morte. Ed il loro destino è morire nel proprio presente, per essere soltanto in seguito riesumati.
Ma questa è l’epoca delle improvvisazioni, della fretta, del sentimento deculturato, delle competizioni frutto di spregiudicato narcisismo.
E si sa, le violette, non è possibile coltivarle, perché spuntano spontanee dove vogliono. E scovarle è sempre più difficile. Così, poeti e scrittori arrancano nella propria sacrificata esistenza, lo fanno per amore delle parole, di quelle interiorizzate e poi magicamente restituite al nulla, al tutto, attraverso l’arte.
Eleonora Giovannini