Come abbiamo potuto notare, facendo la spesa, i prezzi soprattutto di alcuni prodotti, sono aumentati già da tempo e continuano l’ascesa. A confermarlo nei giorni scorsi è arrivato l’aggiornamento Istat sui prezzi al dettaglio. L’inflazione ha ripreso a correre
L’incertezza alla base dell’inflazione crescente di questi mesi, legata soprattutto all’aumento dei beni energetici, è alimentata dal rapido evolversi della situazione in Ucraina, con il rischio concreto di possibili ulteriori aumenti del costo dell’energia nelle prossime settimane.
Le aziende della distribuzione stanno cercando di contenere gli aumenti, anche assorbendo in parte i maggiori costi, a tutela del potere di acquisto delle famiglie, agendo anche con responsabilità nei confronti delle filiere produttive più fragili del made in Italy. Gli sforzi messi in campo finora non saranno però a lungo sostenibili, in considerazione del fatto che anche sulle aziende della distribuzione grava il caro energia.
Vola con il caro- bollette e il boom delle materie prime il prezzo del pane: il record, segnala Assoutenti, è stato registrato a Ferrara dove viene venduto fino a 9,8 euro al chilo.
Per la pasta Cagliari la città più cara, fino a 4,7 euro al chilo.
Ad incidere sul prezzo finale sono altri costi come dimostra anche l’estrema variabilità dei prezzi del pane lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali. Peraltro i prezzi al consumo non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione Con il grano sottopagato agli agricoltori negli ultimi 4 anni si è passati da 543.000 ettari di grano tenero coltivati in Italia agli attuali poco meno di 500.000 ettari per una produzione di circa 2,87 milioni di tonnellate con l’aumento della dipendenza dall’estero che ha raggiunto addirittura il 64% del fabbisogno, sul quale ora pesa il calo delle produzioni in Russia e Ucraina prima per effetto del clima e poi della guerra.
Già in queste ore stiamo assistendo a imprese costrette a interrompere le attività produttive a causa della carenza di materie prime importate da Russia e Ucraina. l’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per alimentare il bestiame.
Se dovesse perdurare la crisi in atto, entro la prossima Pasqua potrebbero registrarsi seri problemi con le scorte di alcune materie prime alimentari.
Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi occorre realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti dagli agricoltori.
Per questo il Governo deve intervenire con uno stato di emergenza prezzi e adottare misure speciali in grado di contenere la crescita dei listini al dettaglio, considerato che la fiammata dell’inflazione produrrà una forte contrazione dei consumi da parte delle famiglie e un danno per l’economia nazionale.
Serve amministrare il prezzo per un paniere di beni indispensabili per le famiglie.
Marisa Paola Fontana