Gli insediamenti nuragici sono la traccia tangibile della civiltà nuragica, nata e sviluppatasi in Sardegna. Distribuendosi per un periodo di tempo che va dalla piena età del bronzo (2300-1800 a.C.) al II secolo d.C. per buona parte dell’isola per la parte centro-orientale, in seguito conosciuta come Barbagia, e fino al VI secolo d.C. in epoca altomedioevale, in cui ancora esistevano comunità di cultura nuragica indipendenti e dove il cristianesimo si sarebbe imposto solo successivamente.
Essa è il risultato della graduale evoluzione di culture pre-esistenti già diffuse sull’isola sin dal neolitico, le cui tracce più evidenti giunte sino a noi sono costituite da dolmen, menhir e domus de janas, a cui si aggiunsero i nuovi stimoli e apporti culturali dell’età dei metalli. Il suo nome proviene dai nuraghi, imponenti costruzioni megalitiche, segno distintivo della civiltà, sulla cui effettiva funzione si discute da almeno cinque secoli.
Nel corso della sua storia millenaria, fu attrice di continui scambi culturali e commerciali con le più importanti civiltà mediterranee coeve, finché nel corso del V secolo a.C. l’entrata in conflitto con l’imperialismo cartaginese prima, e romano poi, ne decretò il declino.
Oltre alle caratteristiche costruzioni nuragiche, la civiltà degli antichi sardi ha prodotto altri monumenti come i caratteristici templi dell’acqua sacra, le tombe dei giganti, le enigmatiche sculture di Mont’e Prama.
I siti archeologici della civiltà sono numerosi e suggestivi in Sardegna.
Serra Orrios è un sito nuragico risalente al II millennio a.C., è un villaggio-santuario, fra i meglio conservati della Sardegna nuragica, costituito da un centinanio di capanne a pianta circolare, semplici o anche complesse e raggruppate in isolate, e da due aree sacre, circondate da dei recinti sacri che le separano dall’abitato, al cui interno sono presenti due tempietti del tipo ad antis o megaron.
Venne scavato tra il 1936 e il 1938 da Doro Levi. Successivamente nel 1961 il sito venne restaurato sotto la direzione di Guglielmo Maetz.
Sorge sull’altopiano del Gollei, nel territorio di Dorgali, a circa dieci chilometri dal centro abitato, circondato da aspri rilievi, ulivi millenari e macchia mediterranea. Serra Orrios è uno dei complessi nuragici meglio conservati: è presente un villaggio-santuario, interamente costruito in blocchi di basalto, che per dimensioni e struttura architettonica, rappresenta un insediamento proto-urbano che presuppone una progettazione. Anche l’edilizia civile risulta ben conservata.
Il villaggio è articolato in un centinaio di capanne circolari, costruite con uno zoccolo a filari di pietre e, in origine, coperte con frasche. Sono semplici o articolate in più ambienti – anche per custodire gli animali, com’è insito in una società dedita ad agricoltura e allevamento – e tutti si affacciano su un unico cortile dotato di pozzo. Nei muri sono ricavate nicchie o ripostigli. I pavimenti sono in lastre di pietra, acciottolati o semplice battuto. Al centro era ricavato il focolare, circolare e delimitato da pietre. Per impermeabilizzare le strutture si ricorreva all’ argilla e, forse, al sughero. Le abitazioni si raggruppano in tre isolati, collegati da stradine e piazzette. Spicca, isolata, la ‘capanna 49’, forse la ‘capanna delle riunioni’, così chiamata poiché presenta una pianta curvilinea e un bancone-sedile, con un prospetto preceduto da vestibolo.
Il villaggio-santuario, oltre a due sepolture megalitiche, presenta due aree sacre, ciascuna con un tempietto a megaron, edificio di culto tipico della civiltà micenea, che presuppone influssi dall’Egeo. I due tempietti, forse destinati al culto delle acque, sono a pianta rettangolare, dotati di recinto, presentano un’antecella e la cella longitudinale, marginata da un bancone-sedile. Una delle due aree è divisa dall’abitato da un poderoso recinto circolare; l’altra, con tempio ben conservato, si trova all’interno del villaggio, separata da un recinto sacro rettangolare.
La vita millenaria del villaggio di Serra Orrios, iniziata nel Bronzo antico (XVI a.C.) e terminata nell’età del Ferro (IX-VI sec. a.C.), si avvicendava attorno a un mercato, con attività accompagnate da fervore spirituale. Il periodo di maggiore intensità fu tra Bronzo recente e finale, come si evince dai numerosi manufatti ceramici, rinvenuti negli scavi e conservati al museo archeologico di Dorgali, come olle a colletto cilindrico, ciotole carenate e brocche decorate. Nella sala dedicata alla civiltà nuragica sono esposte insieme a pesi da telaio, fusaiole e rocchetti che dimostrano pratiche di filatura e tessitura, e a fornelli fittili, attingitoi, lisciatoi, pestelli, macine e matrici di fusione che testimoniano un’intensa attività produttiva. Tra i ritrovamenti metallici appaiono anche scalpello, molla da fonditore, pugnali, asce e ornamenti (spilloni, braccialetti, orecchini, etc.).
Da Serra Orrios si raggiungono facilmente altri interessanti insediamenti nuragici: i più vicini sono i nuraghi Oveni e Purgatoriu e le tombe di Giganti di Biristeddi. Nel territorio di Dorgali, uno dei più vasti dell’Isola (225 chilometri quadrati), abitato sin dal Paleolitico, sono disseminati più di 200 siti dell’età del Bronzo: 45 nuraghi, un centinaio di abitati e una quarantina di tombe di Giganti, tra cui la più famosa è s’Ena e Thomes, a sei chilometri da Serra Orrios, il monumento funerario simbolo dell’età nuragica con la sua stele alta quasi quattro metri. Tra i villaggi impossibile non visitare Tiscali, a metà col territorio di Oliena, già sito prenuragico e poi anche centro abitato di comunità indigene (civitates Barbarie) aperte ai traffici con la penisola italica. Mentre tra le ‘torri’ spiccano i nuraghi Arvu e Mannu, che domina dall’alto Cala Fuili, entrambi emblematici del riuso in epoca romana. Attorno al Mannu si sovrappose un insediamento romano esteso oltre due ettari, ‘vivo’ sino a tarda età imperiale. Mentre tra le testimonianze prenuragiche più significative, risalenti al Neolitico, si annoverano 55 domus de Janas, tra cui quelle di Marras, Pirischè e Campu Marinu, e il dolmen di Motorra.