“E vai che io sto qui e aspetto Bartali / Scalpitando sui miei sandali /
Da quella curva spunterà / Quel naso triste da italiano allegro” (Paolo Conte).
20 anni fa, il 5 maggio 2000 veniva a mancare il grande Gino Bartali, il ciclista italiano più forte di tutti i tempi insieme al suo grande rivale Fausto Coppi. Hanno infatti diviso i tifosi in due schieramenti ma hanno unito l’Italia nelle vittorie. “Ginettaccio”, come era soprannominato Bartali, nacque a Ponte a Ema, in provincia di Firenze il 18 luglio 1914. Fu professionista per 20 anni, tra il 1934 e il 1954, ma la Seconda Guerra Mondiale limitò la sua carriera, che fu comunque costellata di grandi trionfi. Vinse tre volte il Giro d’Italia, nel 1936, 1937 e 1946 e due volte il Tour de France, nel 1938 e 1948. Quest’ultima impresa è passata alla storia per aver contribuito, a detta di chi ha vissuto quel periodo, a evitare lo scoppio della guerra civile in Italia, dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, anche se Bartali ha sempre negato il collegamento tra i due fatti.
Fu storica la rivalità tra lui e l’Airone, Fausto Coppi, in realtà più mediatica che reale: la foto che ritrae il passaggio dell bottiglietta d’acqua racconta un profondo rispetto tra i due, tanto che, dopo il ritiro, Bartali ingaggiò proprio Fausto Coppi nella sua squadra, la San Pellegrino Sport, di cui era diventato dirigente.
Bartali fu anche protagonista di un altro momento importante della nostra storia: durante il periodo delle leggi razziali si attivò per trasportare, durante i suoi allenamenti in bicicletta, documenti falsi per aiutare gli ebrei ed evitare loro la cattura da parte del regime. Questi fatti, venuti alla luce dopo la sua morte, gli valsero il riconoscimento postumo di “Giusto tra le Nazioni” e la Medaglia d’oro al Valor Civile. Perchè non sempre “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare“.
Daniele Capello