Si era aperta il 23 settembre scorso, con un’ovazione di consensi, la mostra internazionale d’arte contemporanea dedicata alla “Donna” organizzata dal Gruppo Centro Arte 2020 di Giulio Pettinato e dal Club Bluoltremare International Arts, e si è conclusa sette giorni dopo, registrando il successo annunciato che meritava.
L’evento, di cui abbiamo già avuto modo di scrivere sulle pagine di Full d’Assi Magazine, ha avuto luogo nella Sala Nagasawa della Cartiera Latina in via Appia a Roma.
Gli artisti, provenienti dalla Malesia, Francia, Perù, Germania, Romania, Olanda, Equador, Italia, Sud Africa e Svezia, hanno esposto opere di grande impatto emotivo.
Durante il vernissage, che si è svolto il 25 settembre scorso, tutte le attenzioni sono state catturate dalla performance “Il corpo si fa tela”, a cura delle artiste Guarneri Lorenza Francesca, Ilaria Cavalli, Rosita Guarneri ed è stata preceduta dalla presentazione degli artisti e dalla ondata di visitatori affascinati dalle opere esposte. Sguardi di compiacimento e ammirazione, scambi di opinioni e scatti fotografici a raffica hanno movimentato la grande sala, nella quale anche la scenografica realizzata con evidente professionalità ha fatto la sua ottima impressione.
Ogni opera è nata dall’ingegno, lasciatecelo dire, poetico degli autori, quello che domina i sentimenti di chi si nutre di cultura pura e la divulga per contribuire al progresso dell’umanità.
Stili e tecniche diverse di un’ebrezza artistica contemporanea in rilancio hanno osservato e immortalato la donna e il suo sentire d’essere nell’impegno totale verso una società che ancora traballa sulla parità di genere, nell’insostituibilità di un ruolo che segna il cammino della civiltà in ogni settore pubblico: dai luoghi deputati a governare paesi, città e nazioni a quelli dove si combatte contro le ingiustizie, per i diritti dei più deboli e per la pace nel mondo.
Il pubblico ha gradito quest’abbraccio dell’arte alla “Donna” aspettando una nuova perla che certamente gli organizzatori sapranno ideare e realizzare.
Bruno Cimino