Il cambio, presente in tutte le auto, perfino in quelle a presa diretta, rappresenta sin da sempre il più gravoso impiego cerebrale da parte del poliedrico cervello della donna.
Se quel prezioso lobo della una donna risulta più attivo rispetto a quello maschile, secondo i dati scientifici e più precisamente di una ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease, delle Amen Clinics di Newport, in California, che ammetterebbe esserci una marcia in più nel mondo dei neuroni femminili, resta indiscutibilmente vero e forse tragicamente accettabile, il fallimentare legame, non vogliamo dire rapporto, per non incorrere in equivoci strani, tra quello specifico neurone adibito al coordinamento oculo manuale e l’oggetto in questione, senza il quale molte componenti di un’auto risentirebbero in efficienza, per la gioia dei meccanici. Occorre soffermarsi su questo rarissimo e forse esclusivo limite del cervello femminile, ipotizzandone le varie cause riconducibili alla sua stessa esistenza provata da troppe fatiche. Si sa infatti che ogni donna è costretta a lavorare doppiamente, sia come manager che come casalinga, svolgendo simultaneamente più ruoli, quello di padre dei propri figli e di madre del proprio marito. Lo stato di ansietà che è costretta a controllare, inciampa, ahimè, in quell’ordigno dall’aspetto intransigente, pronto a gracchiare al minimo tocco.
Donna e cambio: una guerra aperta, un’oscura partita persa, un duello all’ultimo sangue, un libro da scrivere, un’officina da aprire. E un motivo per sorridere di fronte alle categorie di cui si alimentano le società di oggi. Chi dice donna dice danno? Se c’è di mezzo un cambio sì, senza ombra di dubbio. Per tutto il resto, solo un sorriso a Colei che dona la vita.
Eleonora Giovannini