Il 2 aprile il rapper statunitense DMX, all’anagrafe Earl Simmons, era stato ricoverato d’urgenza nell’ospedale di White Plains (New York) per un attacco cardiaco causato da un’overdose.
L’artista 50enne è rimasto in coma fino a venerdì scorso, quando ha ceduto definitivamente.
DMX si era fatto notare nell’ambiente dell’hip hop già nel 1991, ma debuttò con il suo primo album soltanto nel 1998: il disco, intitolato “It’s Dark and Hell is Hot”, fu un grande successo e vendette 4 milioni di copie.
Il rapper raggiunse l’apice della fama l’anno successivo con il singolo “Paty Up (Up In There)” estratto dal suo terzo album dal titolo “…And Then There Was X”.
Ebbe anche una carriera come attore, partecipando in diversi film, tra cui “Romeo deve morire” e “Last hour”.
Simmons ha sempre parlato della sua infanzia segnata da violenze e abusi, della dipendenza dalle sostanze stupefacendi e dei problemi con la legge. Le difficoltà lo avevano reso a sua volta impulsivo e violento. Finì anche in galera.
Parlò della sua vita nell’autobiografia “E.A.R.L.: The Autobiography of DMX” pubblicata nel 2003.
Le uniche cose in cui era riuscito a trovare la salvezza erano state la musica e la fede in Dio.
Due anni fa era stato ricoverato in un centro di disintossicazione, ma purtroppo, a quanto pare, non è riuscito a scacciare del tutto i suoi demoni.
È morto lasciando 15 figli, 4 dei quali avuti dalla prima moglie e gli altri nati da varie relazioni.
Yami