È uno stile leggero, estremamente colloquiale, che non lascia adito ad arzigogoli o ad un linguaggio strettamente elaborato quello di “piove sempre quando sei felice” in cui De Medecis ci narra la sua vita, il suo mondo pregno di considerazioni sugli eventi che lo circondano sin dai teneri e al contempo non sempre facili momenti della prima giovinezza. Eventi tanto quotidiani da risultare familiari e facilmente riconoscibili, nei quali appare una logica conseguenza rispecchiarsi e ricercarvi i propri di affetti e sentimenti. Già dalle prime pagine il lettore è traghettato all’interno dell’io narrante dell’autore ed è chiaro come in tutta la vicenda albeggi solerte il tambureggiare del battito del cuore. Pervade altresì un utilizzo della prima persona improntato sul classico dialogo a tu per tu con il lettore che diventa così facendo un amico di lunga data o un parente prossimo che si voglia, provocando durante la lettura una frenetica ricerca di senso e di intimità. De Medecis attraverso le pagine delinea se stesso come una persona tremendamente vogliosa di vita, e lo si percepisce dallo spazio che questi ritiene di dover occupare in ogni contesto in cui esiste, si inserisce e infine opera; un’anima la sua, che ritiene candidamente di dover concimare il terreno del mondo che lo circonda, per ricavarne un frutto assai maturo e dolce da dover incondizionatamente condividere con il prossimo. Il fatto che il testo presenti, inoltre, in alcuni punti un font e un’impaginazione differenti altro non fa che sviscerarne l’autenticità più concreta, come se lo scrittore avesse voluto imprimere sulla carta la potenza dell’ispirazione come un fotogramma destinato a persistere nel tempo. Impossibile peraltro non citare tra tutti il componimento in versi “Figlio della luna” all’interno del quale questa, tramite la voce raggiante di un figlio pasciuto e cullato dalle tenebre, cela il volto butterato e si mostra invece in tutta la sua natura luminosa di madre benevola e compassionevole. Non si limitano tuttavia ai sopracitati versi i riferimenti al rapporto genitoriale, di certo non l’unica tematica emozionale ricorrente nel testo e che lo stesso De Medecis dapprima cita stavolta riferendosi alla sua di famiglia nell’introduzione, nominando alcune lettere scritte in tenera età … «Le ho sempre custodito gelosamente, penso un giorno di mostrarle a mia madre quando ne sarò costretto per rallegrare un qualche speciale occasione.»… e in seguito nel capitolo “Pensiamo tutti ma pochi lo sanno fare” il cui nucleo potrebbe riassumersi in due emblematiche espressioni quali “vivere con gioia” e “puntare alla felicità”.