È fondamentale aumentare l’attenzione delle aziende sulla salute mentale nei luoghi di lavoro. Nell’ultima edizione è stato condotto un sondaggio su circa 23.000 intervistati in 45 paesi, tra cui 800 italiani. Il network ha analizzato l’impatto della pandemia sulla salute mentale dei Millennial (1983-1994) e della GenZ (1995-2003) sul posto di lavoro.
La pandemia del Covid 19 ha causato una forte differenza tra giovani italiani e coetanei nel mondo. Sono queste le principali evidenze che emergono dalla Millennial and GenZ Survey 2021 di Deloitte, l’indagine sul “sentiment” di Millennial (nati tra il 1983 e il 1994) e GenZ (nati tra il 1995 e il 2003). Entriamo nel dettaglio. Nell’ultima edizione è stato condotto un sondaggio su circa 23.000 intervistati in 45 paesi, tra cui 800 italiani. Il network ha analizzato l’impatto della pandemia sulla salute mentale dei Millennial (1983-1994) e della GenZ (1995-2003) sul posto di lavoro.
“I Millennial italiani – si legge nell’indagine – sono meno aperti rispetto alla media globale con i loro datori di lavoro sulla loro salute mentale: più di due terzi (68%) non ha potuto parlare apertamente dello stress e dell’ansia causati dalla pandemia. Anche tra la GenZ italiana (44%) è diffusa l’opinione che il proprio datore di lavoro non abbia fatto niente per supportare il proprio benessere mentale durante la pandemia. Il miglioramento delle politiche aziendali con riguardo ai temi di diversità e di inclusione, di sostegno al lavoro femminile e di tutela della salute mentale è tra i principali cambiamenti richiesti”.
Appello dei giovani
Dopo più di un anno dall’inizio della pandemia, i Millennial e la GenZ lanciano un appello alle istituzioni e al mondo del lavoro affinché si impegnino in un reale e concreto cambiamento.
Tra le priorità più sentite dalle nuove generazioni emerge la richiesta di un rafforzamento delle politiche aziendali su temi quali la diversità e l’inclusione, il sostegno al lavoro femminile e la tutela della salute mentale.
Analisi dei dati
Dalla Survey si evince anche una grande attenzione da parte di queste generazioni su quelle che saranno le modalità di lavoro future.
“I Millennial e i GenZ si dichiarano generalmente entusiasti – si legge nell’indagine – di poter tornare in un ambiente di lavoro formale, ma non prima di essere certi che il posto di lavoro sia completamente sicuro, e non necessariamente a tempo pieno. Infatti, il 25% dei Millennial e il 22% della GenZ hanno manifestato il desiderio di una maggiore flessibilità e di poter lavorare meno ore in ufficio rispetto al passato. A causa della pandemia, queste generazioni hanno subito un immenso stress, con il 46% dei Millennial italiani rispetto al 41% della media globale e il 49% degli italiani rispetto al 46% a livello Globale dei GenZ italiani che si sono sentiti o si sentono tuttora stressati. La preoccupazione per le prospettive di lavoro è tra i principali fattori che contribuiscono allo stress dei Millennial e della GenZ. Anche il benessere economico della propria famiglia è un fattore di preoccupazione per i Millennial, mentre il futuro finanziario nel lungo periodo preoccupa soprattutto la GenZ. Nel periodo della pandemia il 68% dei Millennial italiani non si sono sentiti a loro agio nel parlare apertamente con i loro superiori del loro stato d’animo per quello che stavano provando. Inoltre, il 50% dei Millennial e il 44% della GenZ ha affermato che i propri datori di lavoro non hanno intrapreso alcuna azione per tutelare la loro salute mentale durante la pandemia”.
Francesco Fravolini