In questo articolo parlerò di una problematica che mi sta molto a cuore e raccontare in poche righe tutto quello che ho imparato in prima persona sulla convivenza con l’emicrania cronica.
Lo scopo di questo articolo sarà sia quello di informare quante più persone possibili sull’esistenza di questa patologia, sia essere un portavoce per coloro che, affetti da questa problematica direttamente o indirettamente (familiari o amici di soggetti emicranici) potranno riconoscersi nelle mie parole e, spero, trovare un po’ di conforto.
Innanzitutto, è necessario precisare una questione: quando parliamo di emicrania cronica non parliamo di mal di testa, o meglio, non solo.
Questa patologia può presentarsi in forme differenti e derivare da cause altrettanto differenti.
Ma quando si può parlare di emicrania cronica? Un’emicrania si definisce cronica quando si presenta per almeno tre mesi consecutivi, quindici giorni o più nell’arco di un mese.
Come detto sopra, i fattori che possono favorirne l’insorgenza sono numerosi, ma perché si verifichi l’emicrania cronica è indispensabile anche una predisposizione, un cervello emicranico: un cervello iper-reattivo e ipersensibile, che non è in grado di filtrare e selezionare in modo adeguato gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno e dal nostro organismo.
L’emicrania cronica rappresenta la prima causa di disabilità al mondo nella fascia giovane della popolazione, perché influisce in maniera severa e decisiva sulle attività quotidiane di chi ne soffre: colpisce circa il 12% della popolazione italiana, circa 7 – 8 milioni di persone, in prevalenza donne.
Il dolore è il sintomo principale e, oltre a localizzarsi sulla testa (tempie, fronte, nuca) in modi diversi, può presentarsi anche nelle altri parti del corpo, arrivando a causare addirittura una fastidiosa sensibilità alla pelle e alla cute dei capelli.
Da ciò possono poi derivare, nella maggior parte dei casi, nausea, vomito, sensibilità agli odori o ai rumori (può diventare insopportabile anche il semplice ticchettio delle lancette dell’orologio o il suono di qualcuno che batte al computer).
Quando si presenta un attacco diventa impossibile continuare a svolgere qualsiasi tipo di attività, anche dei semplici pensieri aumentano il dolore.
Tutti questi sintomi vengono poi amplificati dagli effetti collaterali che provoca l’ampio uso dei farmaci i quali, però, sono indispensabili per rendere almeno accettabile la patologia.
Purtroppo, per tutti questi motivi, i soggetti emicranici vengono spesso incompresi, accusati di pigrizia, procrastinazione e di “giustificarsi” con il “mal di testa”.
Io vi assicuro che, per chi soffre di questa patologia, non c’è nulla di peggio del sentirsi incompresi. Il desiderio più grande di ognuno di noi è quello di poter vivere la vita serenamente, senza sentirci un peso per chi abbiamo accanto e affrontare tutte le nostre attività quotidiane senza la costante paura di ritrovarci da un momento all’altro immersi in un dolore così sfinente.
Se qualcuno a voi caro soffre di questa patologia chiedetegli di raccontarvi la sua storia, ascoltatelo, fategli capire che voi lo comprendete, stategli accanto e abbracciatelo forte (ma non troppo).
Letizia Lombardi