Dai contenitori in legno dell’antichità, alle bottiglie di vetro, ai barattoli di latta: ecco come ci siamo ingegnati nei secoli per conservare il cibo a lungo.
La storia del cibo si evolve di pari passo con quella dell’uomo. Ed ecco che con essa, cambiano le abitudini per la conservazione del cibo lungo i secoli. L’uomo si è sempre ingegnato per preservare le proprietà degli alimenti il più a lungo possibile sino a giungere al cibo in scatola. Ma come sono cambiate le tecniche di conservazione?
-I nostri antenati romani avevano ben chiaro che i fattori di deterioramento degli alimenti erano aria e umidità. Inizialmente cercarono di isolarli con pelli e ossa animali, in seguito si passò all’uso di recipienti e additivi differenti. Nello specifico, contenitori in legno o terracotta per alimenti solidi, in cui venivano inseriti frutta, legumi essiccati e verdura, mentre per olio e vino si adoperavano anfore e giare chiuse con tappi di legno avvolti da stoffe. Inoltre con particolari additivi si affinarono processi di conservazione quali salagione, l’affumicatura e il congelamento (già in uso presso cinesi ed egizi).
-Una solida protezione: la bottiglia.
Questi metodi, usati per per tutto il Medioevo, furono poi affiancati da una nuova innovazione: il ricorso alle bottiglie di vetro grazie soprattutto ai vetrai veneziani e inglesi, munite di robusti tappi di sughero dal XVIII secolo, che inaugurarono una nuova era per il mondo dei vini.
-Cibo senza fiato: la chiusura ermetica.
A questa, si aggiunse un’ulteriore affinamento della procedura. Nel 1810, il pasticcere francese Nicolas Appert ideò il “cibo in bottiglia”, conquistandosi la vittoria in un concorso lanciato da Napoleone per aver progettato un sistema per conservare i cibi dei soldati impegnati in guerra. La rivoluzione di Appert risiedeva nell’ “appertizzazione”, ossia l’uso di una bottiglia di vetro con tappo a chiusura ermetica. Nello specifico, si introduceva del cibo al suo interno fino all’orlo, per eliminare l’aria, e la si immergeva, avvolta da un panno, per ore in acqua bollente affinché gli ingredienti ultimassero la cottura. Si otteneva così un alimento in grado di conservarsi a lungo. Il pasticciere, chiaramente era ignaro del fatto che l’alta temperatura di cottura e la chiusura ermetica impedivano il proliferare dei germi. Infatti il ruolo dei microrganismi nel processo di decomposizione verrà scoperto mezzo secolo più tardi da Louis Pasteur.
Cibo “metallizzato”: la grande rivoluzione che segnerà la svolta
L’imprenditore inglese Peter Durand, nel 1812, rimpiazzò le bottiglie, con dei barattoli realizzati con leggeri fogli di stagno. Subito dopo, altri due britannici, Donkin e Hall, dopo aver acquisito il brevetto di Durand, mettevano in piedi la prima produzione industriale di cibo in scatola, con le conserve e poi carni e minestre. L’uso di cibi inscatolati cominciò a diffondersi con la Guerra di Crimea (1853-1856), costituendo un valido sostegno per i soldati. Durante la Guerra civile americana (1861-1865), la pratica si diffuse anche Oltreoceano. Ma se il cibo veniva inscatolato, occorreva anche poterlo aprire. Così nacque il primo apriscatole e nel 1866 fu applicata l’ “apertura a chiavetta”, che permette di “srotolare” lentamente il coperchio della scatoletta con un bastoncino metallico ad esso fissato.
Nel 1850, ispirato ai tubetti di metallo per vernici, l’italiano Cesare Balena mise in commercio la pasta d’acciughe in tubetto. Il cibo in latta – o “banda stagnata” – conobbe ulteriori evoluzioni con l’imprenditore Francesco Cirio, che all’Esposizione Universale di Parigi (1889) presentò i suoi pomodori in scatola, ignaro dell successo artistico che la sua idea avrà con Warhol . Nel 1881 Pietro Sada sbancò grazie alla carne bollita in scatoletta, perfezionata nel 1923 con l’aggiunta di gelatina. Poi l’industria conserviera si è diffusa a macchia d’olio, proponendo scatolette d’ogni forma: basse e rettangolari, tipiche delle sardine, cilindriche per legumi, pelati e zuppe e tonde per tonno e cibo per animali.
La latta conquistò anche il mondo delle bevande con la lattina per la birra dell’ americana Gottfried Krueger Brewing, nel 1935.
Piccole migliorie.
Nel corso dei decenni seguenti, pur non cambiando nel loro aspetto, i contenitori hanno subito varie modifiche sia all’interno con rivestimenti per non alterare i cibi, sia all’esterno con coloratissime etichette e di aperture “a strappo”.
Cibo spaziale.
Quei sottili fogli di latta che facevano la loro timida comparsa due secoli fa, erano ignari del successo mondiale che avrebbero riscosso, tanto da essere grandemente presenti ancora oggi nel mondo dell’alimentare, proiettandosi anche nel presente e nel futuro. Il cibo in scatola approda anche nel nuovo millennio e sbarca nello Spazio (“space food“), con tubetti ripieni di paste di vario genere, alimenti sottovuoto e versioni a prova di gravità ridotta.
di Marino Ceci