La Corte di Appello di Torino conferma in secondo grado quanto stabilito dal tribunale di Ivrea nel 2017, in aperto contrasto con i dati forniti dall’ISS
La questione sulla possibilità che il cellulare leda alla nostra salute va avanti ormai da decenni. Tra esiti di ricerche scientifiche contrastanti, presunti dati falsificati per fini commerciali e le opinioni di illustri esperti in conflitto fra loro pare che siamo finalmente arrivati ad una svolta…almeno dal punto di vista normativo. La Corte di Appello di Torino ha infatti confermato in secondo grado una sentenza emessa dal tribunale di Ivrea nel 2017 nella quale si riconosce una correlazione tra lo sviluppo di un tumore benigno al cervello di un dipendente Telecom Italia (Roberto Romeo) e il suo massiccio uso del cellulare in ambito lavorativo. Il male è dunque stato riconosciuto pienamente come malattia professionale e l’Inail dovrà garantire al soggetto leso un vitalizio. Siamo di fronte ad una sentenza storica, la prima che riconosce ufficialmente la lesività del cellulare per la nostra saluta. L’eccezionalità della decisione presa dalla Corte è però anche legata al fatto che è stata emessa in aperto contrasto con i dati e le ricerche offerte a riguardo dall’Istituto Superiore di Sanità, che continua a ribadire la mancanza di prove certe sulla pericolosità per la nostra salute dell’esposizione ad onde elettromagnetiche emesse dal cellulare. Dal punto di vista normativo l’Italia sta dunque iniziando a prendere una direzione a riguardo mentre dal punto di vista scientifico non arrivano ancora conferme ufficiali, cosa che lascia spazio, in connessione con l’apparente aumento di casi di tumore tra le persone che fanno ampio uso del telefonino, a dubbi sull’attendibilità degli studi ufficiali prodotti sulla questione.
Glenda Oddi