Sono sempre di più le persone che preferiscono alternative vegane al consumo di carne animale, sia per questioni etiche legate alla vita dell’animale che ecologiche, legate all’ambiente.
Messa da parte la quesitone etica, resta da comprendere però se effettivamente i burger vegani creano meno inquinamento. Per farlo, occorrerebbe calcolare il consumo di terreno, di acqua, e le emissioni di ogni passaggio produttivo.
A farlo, ci ha pensato un gruppo di ricercatori della John Hopkins University, e hanno confermato che la carne vegana è decisamente un’alternativa più ecologica rispetto a qualunque tipo di carne animale, anche se ci sono ancora alcuni ostacoli da superare affinché diventi una scelta possibile per (quasi) tutti.
Lo studio della John Hopkins University ha tenuto conto di vari parametri come uso del suolo, dell’acqua, emissioni di gas serra, e stimato quanto inquinano le alternative vegetali sulla base della letteratura pubblicata fino ad ora. Le conclusioni confermano quanto rilevato dalle aziende green produttrici: le alternative vegetali emettono il 93% in meno di gas serra, consumano mediamente il 98% in meno di suolo e il 77% in meno di acqua rispetto ai bovini da carne. Per quanto riguarda polli e maiali i dati sono un po’ meno sconvolgenti, ma ugualmente rilevanti: -43% di emissioni, -77% di uso del suolo e -76% di acqua rispetto al pollame; -63% di emissioni, -82% di uso del suolo e -89% di acqua rispetto alla carne di maiale.
Che la carne sia una scelta poco sostenibile appare evidente: il bestiame contribuisce per il 15% alle emissioni globali di gas serra, sia direttamente (con il metano emesso dai bovini, ad esempio) che indirettamente (con i combustibili fossili utilizzati per coltivare il foraggio), cui si sommano il consumo di acqua e suolo e la perdita di biodiversità (per approfondire). Problema che diventerà sempre più impattante poiché con l’aumento del benessere nei Paesi in via di sviluppo, il consumo di carne nei prossimi anni sarà sempre maggiore. Le Nazioni Unite stimano che la domanda globale aumenterà del 15% entro il 2031.
Tra le carni animali, occorre comunque fare un distinguo: non tutti gli animali inquinano allo stesso modo: pollo e maiale risultano a conti fatti, i più green.
E.g. polli e maiali, non emettono metano e sono più efficienti nel convertire il mangime in carne. Per produrre un chilo di carne di pollo bastano meno di due chili di mangime, e per un chilo di carne di maiale da 2,6 a 4,5 chili di mangime; svantaggiosa per le mucche, che mangiano tra 5,5 e 9 chili per mettere su un chilo di materia prima.
Passando in esamina la carne costituita da proteine vegetali, quanto inquina? Gli studi condotti dalle aziende stesse che li producono, veritieri o meno che siano, attestano emissioni di gas serra pari ad appena l’11% e il 10% di quelle emesse dal ciclo vitale della carne bovina.
Per il latte vegetale la questione è anche in termini di parità di nutrienti. L’alternativa vegetale surclassa quella animale ma se si guarda all’apporto nutrizionale, mentre il latte di soia apporta all’incirca la stessa quantità di proteine di quello di vacca, quello di mandorla ne apporta appena il 20% e dunque, a parità di nutrimento, inquina più di quello di mucca.
Questa scelta green ha anche altri risvolti positivi. Il suolo tolto all’allevamento del bestiame o alla coltivazione del foraggio potrebbe ospitare foreste o altri tipi di vegetazione, che aiuterebbero a catturare CO2 dall’atmosfera e contribuirebbero a conservare la biodiversità.
Bisogna comunque evitare errori nel ricorso massiccio a una materia prima. E.g. la vasta diffusione di palme da olio prendono spesso il posto delle foreste pluviali, e la soia è una delle principali cause della deforestazione in Amazzonia. Tuttavia, in generale, l’ago della bilancia pende sempre a favore delle scelte vegetali.
Eppure resta da chiedersi: dinanzi a tutti questi vantaggi, come mai non divenire tutti vegani o vegetariani?
I motivi sono diversi, e vanno dal lato economico a quello culinario. Le alternative vegane alla carne sono infatti ancora troppo costose, con un costo del 43% in più. A questo bisogna aggiungere che implementare il mercato di carne veg richiederebbe miliardi di investimento per i nuovi impianti produttivi.
Secondo, ma non irrilevante, gusto e presenza. Sinora, si è riusciti a ottenere buoni risultati sono con burger, polpette o wurstel, ossia con carne finta macinata. Nessuno è ancora riuscito a produrre una fiorentina o una bistecca vegana: perché? Il problema è principalmente dovuto al fatto che le proteine vegetali hanno forma tonda, mentre quelle muscolari della carne sono più fibrose e allungate. «Per creare un prodotto che assomigli a un pezzo di carne, gli scienziati devono sostanzialmente trasformare delle palline da golf in corde», spiega David Julian McClements (University of Massachussets).
Tirando le somme, la cosa più semplice e intelligente sarebbe smettere o quantomeno ridurre il consumo di carne e non cercare alternative che ne imitino il sapore ma nutrirsi di verdure, cereali e legumi o -al massimo- proteine vegetali poco elaborate come il tofu.
Quello che è certo è che accanto all’incremento di richiesta di carne, aumenta anche il consumo di prodotti veg.