Ogni anno è la stessa storia. Si avvicina la giornata internazionale contro la violenza sulle donne ed ecco che fanno capolino gli appelli, gli hashtag, le campagne mediatiche che gridano le grida di aiuto di donne che per tutto l’anno restano inascoltate. Donne chiuse in case lager da mariti che le massacrano di botte, abbandonate in un angolo di strada dopo uno stupro, uccise dopo inimmaginabili sevizie. Arriva la giornata in loro onore, ed ecco che le coscienze si risvegliano. E pure qualche desiderio di farsi vedere, di lucidare visibilità un po’ appannate.
No. Non parteciperò a mascherate social studiate ad arte per ridare lustro a facce politiche impolverate. A quelle stesse facce politiche che hanno l’onere e l’onore di decidere per noi. E che quando possono farlo, invece di decidere di cambiare le leggi a tutela dei più deboli, di cambiare le norme per vietare sconti di pena ai reati più gravi, si astengono.
Come è successo alla Camera dei Deputati poche settimane fa, dove il disegno di legge di modifica del rito abbreviato per impedire sconti di pena ai reati puniti con l’ergastolo, come stupro seguito da omicidio, pedofilia seguito da omicidio, stalking seguito da omicidio, ha ricevuto il favorevole di alcuni partiti, e l’astensione di altri. Proprio di quelli che ora lanciano campagne mediatiche a favore delle donne, dimenticando che poi, quando sono in Parlamento, se ne guardano bene dal mettere in pratica le loro parole così solidali. Facile combattere sui social. Facile combattere a parole. Più difficile farlo con azioni concrete. In questa giornata internazionale contro la violenza sulle donne, lancio questo appello: basta ipocrisia, basta hashtag, basta propaganda. Ma fatti. Leggi concrete, misure che nella realtà tutelino le Vittime di reati violentissimi, perché abbiano giustizia dove deve esserci. Nelle aule di tribunale. E non sui social.