Uno studio, per metà italiano, ricorre a un vaccino mRNA per la lotta all’HIV. Riduzione dell’80% del rischio di contagio; risultati brillanti, probabilmente, entro tre anni sarà sul mercato.
Il vaccino contro il virus HIV è un sogno ormai da tempo.
Eppure questa speranza sembra sempre più vicina alla realtà. È recente un nuovo approccio, basato sulla tecnologia mRNA, ma più sofisticato degli attuali vaccini anti Covid, che ha mostrato ottimi risultati sulle scimmie, con una riduzione dell’80% del rischio di infezione negli esemplari vaccinati.
In questa ricerca, peraltro, è inclusa la “bandiera italiana”: il virologo, Paolo Lusso, già direttore di virologia umana al San Raffaele e oggi, capo del laboratorio di patogenesi virale al National Institutes of Health di Washington, ne spiega i passi.
L’approccio ha avuto inizio nel 2016, ben prima dell’esplosione dei vaccini mRNA avvenuta dal 2020 per i vaccini anti Covid.
I vantaggi di un vaccino mRNA sono infatti essenzialmente tre:
- le proteine che compongono il rivestimento esterno del virus HIV sono molto complicate e per giunta particolarmente mutevoli, a seconda delle cellule umane nelle quali ogni particella di virus è stata prodotta. Questa grande diversità nel rivestimento delle particelle virali rende più complicato il loro riconoscimento da parte del sistema immunitario e quindi, il virus può proliferare indisturbato. La tecnologia mRNA supera questo problema poiché – così come per i vaccini anti Covid – diamo alle nostre cellule le istruzioni per produrre gli antigeni, ovvero le proteine virali da cui il sistema immunitario imparerà a difendersi. Quindi, gli antigeni invece che arrivare dall’esterno, sono sintetizzati dalle nostre cellule, così da risultare identici a quelli che, eventualmente, potrebbero essere prodotti a causa di un’infezione futura. Perciò, una volta vaccinati, il sistema immunitario saprà riconoscere con grande precisione le (eventuali) future particelle virali da combattere, ed evitare che avvenga l’infezione
- il secondo vantaggio è che, oltre a produrre una proteina (“Env” da envelope) del “guscio” del virus, questo mRNA farà fabbricare anche un’altra proteina virale (“Gag”) che costituisce l’impalcatura stessa del virus HIV. Quindi questo mRna ci permette di sintetizzare sia il suo rivestimento che la sua struttura, in assenza ovviamente delle parti dannose del virus. Quindi, con il vaccino possiamo istruire gli anticorpi a riconoscere e quindi, abbattere con grande precisione le particelle virali vere e proprie, se dovessero entrare nel nostro organismo
- il terzo punto di forza del vaccino anti HIV sta nella sua modalità: prolungata esposizione del soggetto. Infatti, si è visto che negli HIV+, la continua esposizione del virus all’immunità rende gli anticorpi sempre più specifici e potenti contro l’HIV, per quanto, purtroppo, negli individui infetti non è possibile eradicare il virus
Per ora si è riscontrata una riduzione dell’80% del rischio di infezione, per ogni evento in cui ci si può infettare con il virus HIV.
Un secondo studio sulle scimmie, ancora in corso, darà i suoi risultati a febbraio. In seguito, si potrà pensare a una sperimentazione clinica; idealmente, entro il 2022.
La prima sperimentazione clinica potrebbe avvenire in uno dei Paesi più a rischio, probabilmente in Africa, grazie anche al supporto della fondazione Gates.
Se tutto andrà bene, credo che, comunque, serviranno almeno 3 anni, prima di avere un vaccino disponibile sul mercato.
Marino Ceci