Lo studio randomizzato su 126 pazienti (poi effettuato su 123), un terzo rispetto al numero di casistica prevista, per verificare l’efficacia del tociluzumab si è concluso anticipatamente. Questo è quanto ha comunicato Aifa, rispetto allo studio che doveva valutare l’efficacia del tocilizumab contro il coronavirus se somministrato in fase precoce. Lo studio si è concentrato solo su pazienti affetti da polmonite da coronavirus in terapia standard, che non richiedevano ventilazione artificiale di alcun tipo.
Lo studio è stato realizzato interamente in Italia, ma i risultati non sono stati quelli sperati, infatti:
“[Lo studio] non ha mostrato alcun beneficio nei pazienti trattati né in termini di aggravamento (ingresso in terapia intensiva) né per quanto riguarda la sopravvivenza. In questa popolazione di pazinti in una fase meno avanzata di malattia lo studio può considerarsi importante e conclusivo, mentre in pazienti di maggiore gravità si attendono risultati di altri studi tuttora in corso”.
I dati riportati dallo studio sul tocilizumab parlano chiaro: i pazienti randomizzati trattati con il tocilizumab e i pazienti trattati con terapia standard hanno avuto più o meno la stessa percentuale di aggravamento nelle prime due settimane, 28,3% i primi e 27% i secondi. Così come non ci sono state differenze significative negli accessi in terapia intensiva, 10 % contro 7,9%, o nella mortalità nei primi trenta giorni, 3,3% contro 3,2%.
Di conseguenza, l’Aifa ha dichiarato che:
“Nell’ambito del trattamento dei pazinti con Covid-19 il tocilizumab si deve considerare quindi come un farmaco sperimentale, il cui uso deve essere limitato esclusivamente nell’ambito di studi clinici randomizzati”.
Domenico Attianese