Teatro, una raccolta fondi per L’Estate di San Lorenzo

La commedia è stata scritta da Enrico Maria Falconi ed è suddivisa in tre atti con Massimiliano Buzzanca, Ester Botta, Stefano Scaramuzzino, Martina Marinaz Valentini, Ramona Gargano, Claudio Scaramuzzino. Le scene sono di Luca Garramone e Patrizio De Paolis. La compagnia sta lavorando al testo nel Laboratorio Scenografico della Casa Circondariale di Civitavecchia, a pochi passi da Roma.

Coinvolgere le persone nella produzione di uno spettacolo teatrale con una raccolta fondi proposta dalla compagnia Blue in the Face. È questo l’obiettivo del gruppo teatrale impegnato nelle prove dello spettacolo “L’Estate di San Lorenzo” – una storia italiana. La commedia è stata scritta da Enrico Maria Falconi ed è suddivisa in tre atti con Massimiliano Buzzanca, Ester Botta, Stefano Scaramuzzino, Martina Marinaz Valentini, Ramona Gargano, Claudio Scaramuzzino. Le scene sono di Luca Garramone e Patrizio De Paolis. La compagnia sta lavorando al testo nel Laboratorio Scenografico della Casa Circondariale di Civitavecchia, a pochi passi da Roma. Quello straordinario entusiasmo che unisce la creatività del teatro si trasforma in un volano di crescita culturale perché ci sono le misure di sicurezza da rispettare, a seguito dell’emergenza sanitaria del Covid-19. Diventa obbligatorio usare il linguaggio del corpo per rappresentare l’incontro di due persone; è affascinante ricorrere agli sguardi per interpretare un innamoramento escludendo rigorosamente il bacio, troppo pericoloso nel momento storico del dopo Covid-19. Scopriamo in questo modo un’altra modalità del teatro, sempre pronto a emozionare il pubblico. Sono ancora da definire le date degli spettacoli perché si attende la conclusione della raccolta fondi. Le esigenze finanziarie per la rappresentazione ammontano a 9.000 euro oltre all’Iva per ciascuna replica, tutto compreso.

La storia
Pochi mesi prima del 19 luglio 1943, data del bombardamento di San Lorenzo, i coniugi Dario e Vicentina vivono un’esistenza difficile. La guerra in corso, la povertà, il mercato nero e in più la convivenza con Edgardo, fratello di Dario, che soffre di una vistosa zoppia e di un leggero ritardo cognitivo. Inoltre, il ritorno a Roma del fratello di Dario ed Edgardo, Mario, dal fronte russo, accompagnato dalla giovane ebrea Lara che è in fuga da Trieste ed in cammino verso Roma per raggiungere dei suoi parenti romani. Mario e Lara si trasferiscono, per coltivare il loro amore, a casa di Dario e Vicentina. In una casa già piccola per due, stretta per tre ed impossibile da viverci per cinque individui. Vicentina, che sopporta la nuova convivenza in virtù di uno spirito di famiglia che a lei, donna del Sud e orfana, non ha potuto vivere da bambina ma che ha sempre desiderato. In questa nuova convivenza si inserisce anche Elisa, una avvenente donna calabrese, che sembra essersi innamorata di Edgardo. In un mondo spaventato e in una Roma peggiorata dalla fame e dalla paura, Dario decide di scommettere sul futuro e comincia a realizzare, contando solo sulle sue forze, un’autorimessa. Proiettando il futuro di Roma in un boom economico e intercettando l’istanza di ricchezza futura della popolazione attraverso l’acquisto dell’autovettura. Sviluppo del quale Dario ed Edgardo non beneficeranno mai. Con Enrico Maria Falconi, autore della commedia, cerchiamo di comprendere le diverse situazioni sociali bene evidenziate nello spettacolo teatrale. 

«Non c’è un chiaro riferimento al Covid-19 nello spettacolo. Di certo, avendolo scritto durante il lockdown nella scrittura ne sono stato sicuramente influenzato. Il punto in comune è, senz’altro, la paura liquida che c’è “nell’aria”. Si avverte l’importanza di uscire poco da casa e la paura dell’altro. Nel testo si teme l’incontro con la spia al servizio del fascismo mentre durante questo periodo ci siamo spaventati dell’ipotetico incontro con l’untore. Inoltre, abbiamo intuito un secondo aspetto. A Roma nel 1943 c’era la convinzione che non sarebbe mai stata bombardata e riprova ne è il gran numero di sfollati che riparano, in quei mesi, nella Città Eterna (provocando nei romani anche una qualche ansia in più). Così come Roma non teme di essere rovinata dal cielo anche la percezione di molti di oggi è l’impossibilità di essere contagiati dal virus. Purtroppo, in comune, c’è l’esito conosciuto. Altro punto di collegamento è la negazione della libertà e di una visione liberale».

Raccontare il disagio della libertà privata significa interpretare le reazioni delle persone. Come si manifesta la società di fronte a queste negazioni?
«Ritengo che si manifesti nella formazione di due atteggiamenti apparentemente simili. Ossia la libertà negata viene vissuta sia come necessaria per il bene comune sia come dovuta per il bene proprio. L’esito è il medesimo ma lo spirito con la quale si vive è differente con differenti esiti. Il bene comune necessario ha fatto sì che si creasse uno spirito unico anti-covid o anti-guerra (esempio il sacrificio d’amore per il prossimo di infermieri e dottori e i tanti che si sono opposti resistendo all’idea crudele della guerra e portatori di una liberazione eroica). Mentre il bene comune dovuto ha generato nella paura un atteggiamento censore ed egoista allo stesso tempo (per esempio: le lettere di taluni inquilini all’infermiere possibile untore o la denuncia di chi colpevole di essere contro al fascismo). Laddove la paura aumenta e viene riconosciuta e affrontata si ritrova l’atto eroico viceversa dove la paura aumenta e si alimenta di continuo sovviene l’egoismo miope. Nell’Estate di San Lorenzo tutti questi aspetti sono stati trattati».

Speranza, paura, determinazione per conquistare la libertà nel 1943. La popolazione del 2020 in che modo si differenzia da coloro che hanno conquistato la libertà con convinzione e speranza nel futuro?
«Il Covid-19 non è stato esattamente una guerra. La guerra è un prodotto umano innanzitutto. Nasce principalmente da motivi economici e si traduce in istanze di salvezza nazionale. La guerra è la morte del dialogo, delle ambasciate, della cultura. Una sorta di corto circuito umano. Il Covid-19 non è umano. È sovraumano. Una malattia immessa nel sistema che, sebbene come la guerra, cambierà delle abitudini e creerà grande dolore non è figlio di un corto circuito umano. Del Covid-19 ho percepito più come l’arrivo dell’extraterrestre. Sono stato più confidente nella resistenza umana e mi sono sentito parte viva dell’essere umano. Della guerra intuisco (solo per studi e per racconti in quanto sono tra i fortunati che non l’ha mai vissuta in prima persona) la divisione umana. L’essere di parte, la faziosità. La crudeltà del fratello verso il fratello. Ciò mi porta a due costatazioni: la prima è che il Covid-19 ci ha unito ma che genererà alla fine della pandemia una ancor più evidente divisione economica data dall’egoismo dell’uomo mentre la guerra nasce da un egoismo umano di natura economica e nasconde la sede oligarchica di potere dentro istanze politiche salvifiche di una parte in opposizione ad un’altra. In secondo luogo, la valenza non umana del Covid-19 (nella speranza che l’uomo non c’entri nulla come l’OMS afferma) genera un senso di inesplorato negli uomini. Soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, che non hanno un vero ricordo di altre pandemie, gli uomini vivono un turbamento che non genera una felicità vera come dopo un armistizio. Come se in qualche maniera la ripresa sia psicologica che fisica sia da recuperare gradualmente. La guerra che finisce è un interruttore, il Covid-19 si mette alla prova nella sua virulenza giorno dopo giorno e mantiene nel sottobosco delle nostre percezioni sempre una paura per la propria salute».

Chi volesse partecipare alla raccolta fondi ecco il LINK

Info: bitfproduzione@gmail.com

Francesco Fravolini

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