Una svolta decisiva, ma soprattutto attesa da tempo. Finalmente in Italia le atlete diventano sportive professioniste. Una decisione storica, avvenuta dopo l’approvazione da parte della Commissione Bilancio al Senato dell’emendamento, che eguaglia le sportive ai colleghi sportivi. Un passo importante non solo per il mondo sportivo, ma soprattutto per l’uguaglianza di genere, dal momento che anche le donne da ora in poi saranno considerate vere e proprie professioniste.
Fino a questo momento, le atlete venivano regolate dalla legge 91/1981, la quale escludeva la possibilità di poter essere professioniste. Oggi invece la situazione si ribalta, grazie ad una novità assoluta, ovvero l’esonero contributivo del 100% per tre anni dei contributi previdenziali e assistenziali entro il limite massimo di 8mila euro di su base annua, per tutte le società sportive femminili, intenzionate a stipulare contratti di lavoro sportivo con le atlete. Il budget stanziato per l’esonero contributivo è di 20 milioni di euro complessivi per i prossimi 3 anni, più precisamente da gennaio 2020 fino al 2022.
Mediante questo incentivo, le società non saranno più scusate nel non voler assumere atlete. Naturalmente, questo cambiamento non riguarda solamente il mondo calcistico, difatti oltre gli sport di squadra, ovvero, calcio, basket, pallavolo e rugby, anche altre discipline sono comprese in questo cambiamento. Ora però, la palla passa alle Federazioni sportive, le quale hanno il compito di deliberare in merito allo status giuridico delle loro tesserate, questioni per lo più tecniche e formali, ma indispensabili per regolamentare il tutto.
“Un passo storico e rivoluzionario che risolverebbe il problema della sostenibilità nei grandi sport di squadra; – ha dichiarato Katia Serra, responsabile per il calcio donne dell’Assocalciatori – ora tocca alle singole federazioni a deliberare il professionismo. Faccio fatica a immaginare, se l’emendamento dovesse passare, a quale altro alibi i presidenti dei club potrebbero appigliarsi”.
Giulia Baldini