La storia d’Italia attraverso i suoi antichi locali e caffè

Caffè” è un termine che viene utilizzato sia per l’omonima bevanda sia per i locali, specialmente nel secolo scorso e in quello precedente, che li offrivano.

A differenza di un “Bar”, un “Caffè” era un luogo mondano, dove il consumo di cibo e bevande si incrociava con la cultura, la vita di società e, spesso e volentieri, in questi locali si gettavano le premesse per un’evoluzione sociale e culturale del Paese.

La storia d’Italia è stata fatta nei Caffè Italiani, e proprio di questi luoghi, quasi mistici, Massimo Cerulo, docente di Sociologia dell’Università di Perugia, ha deciso di pubblicare una guida.

L’opera è a metà tra un saggio storico e una guida turistica, senza tralasciare la politica, l’estetica e un pizzico di emozione.

“Andare per Caffè Storici” (Ed. Il Mulino, pp. 152; costo 12 euro) è stato appena pubblicate e nelle sue pagine racconta la storia d’Italia, attraverso i suoi Caffè e le città dov’erano ospitati: Venezia, Padova, Torino, Trieste, Firenze, Roma, Napoli e Cosenza.

Una storia di locali che erano l’anima delle città in cui sorgevano, come racconta benissimo Massimo Cerulo:

Nei Caffè ci si poteva informare sulle novità cittadine, discutere animatamente, prendere posizioni politiche, tramare intrighi, generare gruppi o associazioni, concludere affari […] scrivere (consumando un’unica tazzina, si potevano avere a disposizione per molte ore tavolo, pennino-carta-calamaio, luce e riscaldamento gratis), leggere quotidiani e riviste (dunque veicolare e formare opinione pubblica), ascoltare musica, fumare, schiacciare un pisolino, mercanteggiare, disegnare, imbastire flirt (nel 1961 Gino Paoli cantava ‘In un Caffè / per la prima volta / noi ci siamo amati’). Ma anche praticare attività ludiche, perché carte, biliardo, scacchi non mancavano quasi mai in questi locali, poiché il tempo che vi si trascorreva era spesso di distensione e distrazione“.

Un pezzo di storia che ora non c’è più, scivolato via, a causa della modernità; insieme ai fermenti culturali che animavano questi locali, se ne sono andate anche le suggestioni, le idee, ma non quello che hanno prodotto.

Domenico Attianese

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