“Penso che bisogna provare a salvare le sale. In tutto il mondo e anche in Italia stanno chiudendo
tanti cinema per la crisi e le piattaforme non hanno in questo momento bisogno di noi per fare le
serie o i film, mentre le sale cinematografiche sì. Io stesso ho fatto, con una esperienza
meravigliosa, il mio ultimo film E’ stata la mano di Dio con Netflix, ma in quel momento i cinema
erano chiusi per la pandemia, ora la sfida è far tornare il pubblico in sala e sarà anche la mia
prossima sfida” chiosa il regista Sorrentino.
Il regista, già premio Oscar per La Grande Bellezza, parla da Marrakech, dove presiede la giuria del
concorso di un festival alla 19/a edizione, orientato sulla scoperta di nuovi registi alla prima o alla
seconda opera cinematografica e che riprende quest’anno dopo due anni di stop per la pandemia.
Il festival di Marrakech, dall’11 al 19 novembre, aperto ieri da Pinocchio di Guillermo Del Toro, è
un mix di debutti e grandi star, con tributi ad importanti personalità del cinema mondiale, con
quattordici film selezionati, 10 debutti, 6 registe donne, opere da 14 paesi per il concorso, per un
totale di 66 film da 33 paesi.
Ad animare la giuria colleghi di rilievo nel mondo del cinema, come Diane Kruger, Nadine Labaki,
Tahar Rahim, Vanessa Kirby, Justin Kurzel, Laila Marrakchi. “Siamo qui per celebrare nuovi talenti,
nuove gemme e cogliere con loro i segni del futuro”, sottolinea Kruger che al festival porta fuori
concorso con il regista Neil Jordan ‘Marlowe’.
La regista e attrice libanese Nadine Labaki guarda ai temi di migrazione, crisi economica, rivolte
culturali: “abbiamo grandi responsabilità come cineasti, è un nostro compito amplificare, rivelare,
raccontare le sofferenze, per me è una missione anche artistica”.
Paolo Sorrentino ha uno sguardo diverso sul presente: “Sento la responsabilità e il dovere di
prendere posizione su tutto questo come cittadino, ma come regista sono impotente sull’attualità: il
mio lavoro è su ciò che già si è storicizzato, non sono un giornalista o un saggista, non penso che sia
un mio compito raccontare la realtà corrente intorno, mentre come cittadino mi indigno e ne soffro.
I film per me non devono avere un’ideologia, un messaggio come si diceva una volta”.
di Marino Ceci