Sogni e Misure

Lo scrittore Alberto Manguel, alcuni anni fa, in un bell’articolo su La Repubblica1, scrisse : “Siamo fatti di carne ed ossa, ma, intimamente, siamo figli di eroi di carta”.

 Il nostro sguardo sul mondo, lungi dall’essere oggettivo, nonostante i nostri tentativi di avvicinarci alla realtà delle cose, si è fatto incerto.

 Con la crisi del secolo breve, tanto dolorosamente presagita  da Nietzsche, si è definitivamente incrinata la nostra sicurezza di poter toccare con mano, definire descrive e dipanare la vita intorno a noi.

Se da un lato questo ha scatenato reazioni di tipo estremista e quasi totalitarie, dall’altro ci ha portato a riconoscere la complessità del reale e il limite sempre più sottile tra oggettività e soggettività.

 Le neuroscienze da molti anni indagano i nostri processi di interconnessione con il mondo circostante e della sua interpretazione, la natura fallace della memoria e delle sue ricostruzioni, ma anche la parzialità della nostra percezione.

D’altra parte, secondo le scoperte della fisica moderna, la realtà muta in relazione alla nostra stessa presenza. Si arriva quindi a ipotizzare, in modi a noi profani difficilmente comprensibili, la sostanziale interdipendenza di tutti i fenomeni, ivi compresi noi stessi esseri umani.

Risvegliati dal sogno della ragione di poter misurare e definire con precisione le cose, abbiamo potuto rivalutare la nostra innata propensione alla narrazione come strumento di interpretazione, tra concretezza e immaginazione, certo un pochino più perplessi, ma forse più interi. Stiamo insomma tentando di ricongiungere ciò che abbiamo diviso, di superare quel dualismo tra materia e spirito che ha contraddistinto fin dalla sua nascita la società occidentale.

Così, La cicala e la formica, la vecchia favola di Esopo,  si trasforma nella bellissima storia di Federico2, il topolino che durante l’estate raccoglieva bellezza profumi e colori, mentre i suoi compagni raccoglievano cibo. Con quelle storie di tempi migliori, finite le scorte, la tribù dei topini riuscì a superare l’inverno cupo e triste. Le storie si trasformarono in pane e tutti gli furono grati.

Ma non fermiamoci a queste piccole cose…  Possiamo seguire il lungo filo che si dipana da tempi antichissimi, prima di noi, prima dei Sapiens addirittura, quando iniziammo a sentire il bisogno di dipingerci il corpo, la faccia, di lasciare le impronte delle nostre mani sulle pareti delle grotte che non erano più solo rifugi, ma luoghi di contatto tra visibile e invisibile, quando sentimmo il bisogno di fabbricare amuleti per esprimere i mondi che avevamo dentro, per ottenere protezione e cercare risposte, dando un’anima alle cose agli animali alle piante e dando inizio a quello che si chiama cultura.

 C’è un interessantissimo saggio che parla di queste cose, parla di noi come animali capaci di raccontare storie, direi quasi di orientarsi e conoscere attraverso questo sesto senso, o istinto, del fare di ogni esperienza pregnante una narrazione. Si intitola L’istinto di narrare3, e vale la pena di leggerlo, ve lo consiglio caldamente.

Per comprendere che non solo siamo figli di eroi di carta, ma anche di eroi (e Dei e spiriti e animali guida e tanto altro) sognati e raccontati nelle notti fredde intorno ai fuochi, cantati per alleviare la fatica del lavoro dei campi, consultati, gli Dei, nei loro santuari, ridisegnati nelle stelle.

La fisica  classica funziona ancora perfettamente nell’ambito della nostra quotidianità, così come un tavolo resta per noi un tavolo, e se dobbiamo arredare il nostro salotto abbiamo bisogno di misure precise e di qualche soldo nel portafogli. Ciò non toglie che la fisica moderna, con le sue incredibili e incomprensibili teorie, che confutano la fisica classica, ci abbia permesso di sviluppare gran parte delle stupefacenti applicazioni tecnologiche di cui ci serviamo quotidianamente.  

Questo per dire che, se proviamo ad uscire da quella rigida visione dualistica di cui si diceva, possiamo imparare a convivere con le contraddizioni della nostra esistenza usando, con pari dignità, ragione e immaginazione, sogni e misure.

Carlotta Ruggieri

Note bibliografiche

  1. A. Manguel, Dall’inferno a Sandokan confesso che ho sognato, in “La Repubblica”, 2014.
  2. L. Lionni, Federico, Babalibri, 2005.
  3. J. Gottschall, . L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani. Torino, Bollati Boringhieri, 2012.

Articoli simili

Aggiungi un posto a tavola

Notte Bianca 2024 a Villa Medici

Cos’è l’alchimia I parte