Sociale, è ancora emergenza abitativa nei campi rom

Associazione 21 luglio: «Rafforzare il percorso verso la chiusura di insediamenti monoetnici». Dalla mappatura annuale realizzata da Associazione 21 luglio e riportata nel suo Rapporto Annuale (prossima pubblicazione), emerge una realtà sociale in Italia ancora senza adeguate soluzioni.

La situazione sociale dei rom continua a preoccupare. Nonostante le diverse stime periodicamente prodotte risulta impossibile definire in modo chiaro il numero delle persone rom e sinte presenti sul territorio nazionale. Dalla mappatura annuale realizzata da Associazione 21 luglio e riportata nel suo Rapporto Annuale (prossima pubblicazione), emerge una realtà sociale in Italia ancora senza adeguate soluzioni. «Sono circa 18.000 i rom in emergenza abitativa (foto di Fabio Moscatelli) e di essi circa 11.500 in insediamenti progettati, costruiti e gestiti dalle istituzioni locali e meno di 7.000 in insediamenti informali. Sul territorio italiano si contano 111 insediamenti formali per soli rom in una sessantina di Comuni italiani con una presenza interna di cittadini italiani che raggiunge il 49%. La città con il maggior numero di presenze è la Capitale, dove vivono il 41% dei rom presenti negli insediamenti formali italiani. Sempre la città di Roma, insieme a Napoli, conta il più alto numero di persone, per la quasi totalità di cittadinanza rumena, presenti negli insediamenti informali». Sono stati diversi gli interventi durante gli anni passati ma le difficoltà incontrate per risolvere in maniera radicale l’emergenza abitativa dei rom sono ancora presenti. «I tempi sono maturi per un cambio di passo – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione – per gettarci alle spalle la triste stagione dei “campi rom” inaugurata negli anni Novanta. A condizione di implementare modelli partecipativi e dialoghi costruttivi tra amministratori locali, comunità residenti nei “campi”, organizzazioni del terzo settore. Sarà fondamentale abbandonare la logica di politiche e strategie “speciali” per privilegiare strumenti ordinari a disposizione di qualsiasi cittadino, senza quei profili discriminatori che, come accaduto sino ad ora, finiscono puntualmente per stigmatizzare intere comunità». È necessario un approccio differente e un cambio culturale da parte di Enti e cittadini per agevolare questo passaggio e facilitare la diminuzione dell’emergenza abitativa dei rom; dobbiamo valorizzare le persone e condividere momenti insieme come se fossimo una vera comunità.

foto di Fabio Moscatelli

Diminuiscono le presenze

«Negli ultimi mesi – si legge nel Rapporto – è proseguito il calo numerico di presenze all’interno degli insediamenti monoetnici, già registrato a partire dal 2016, quando 18.000 erano i rom censiti nei 149 insediamenti formali e 10.000 quello negli insediamenti informali. L’anno successivo questi numeri si sono attestati attorno ai seguenti valori: 16.400 in 148 insediamenti formali e 9.600 in quelli informali. Nel 2018 i rom censiti nei 127 insediamenti formali risultavano essere 15.000 e più di 9.000 quelli negli insediamenti informali. L’anno successivo la cifra si attestava su: 12.700 presenze in 119 campi formali e 7.300 rom stimati in quelli informali. È un calo numerico significativo dovuto a una molteplicità di fattori: volontà delle giovani generazioni presenti nei “campi rom” ad intraprendere percorsi di fuoriuscita; consapevolezza di diverse amministrazioni locali nel promuovere il superamento degli insediamenti; decisione di famiglie rom comunitarie di lasciare volontariamente il nostro Paese a causa della crisi pandemica ed economica».

Francesco Fravolini

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